Filianoti, il giovane tenore è l’eroe del Metropolitan

Ha 31 anni l’artista calabrese amatissimo dalla critica mondiale. A Parma farà «Flauto magico»

Valeria Pedemonte

da Milano

«Ora posso tornare a cantare il mio amato Mozart. A Parma, fra poco, sarò Tamino nel Flauto magico, racconta Giuseppe Filianoti, dopo l’ultima, applaudita recita della Favorite di Donizetti, nell’edizione 1840, al Carlo Felice di Genova. A soli 31 anni, Giuseppe Filianoti da Reggio Calabria è il tenore italiano più richiesto sulle scene dei teatri nel mondo. Reduce da una standing ovation al Metropolitan di New York, nel ruolo di Edgardo in Lucia di Lammermoor, resta con i piedi per terra.
Il successo? Con il Metropolitan ha contratti fino al 2010, prossimamente sarà alla Scala, ancora come Edgardo, nell’edizione dell’addio di Mariella Devia come Lucia di Lammermoor. Quest’anno riuscirà anche a realizzare il sogno di cantare il Werther a Las Palmas, dove il suo indimenticato maestro Alfredo Kraus ha lasciato un ricordo indelebile. «Ho cominciato la mia vera carriera, con un’opera di Donizetti (Dom Sébastien), ho avuto la soddisfazione più grande che un tenore possa avere, proprio con un’altra opera di Donizetti al Met, ho amato Genova e il suo mare durante le recite di Favorite, ma il mo sogno era cantare Werther. Amo questo ruolo per la sua musica che sento molto vicina al mio essere, ma inconsciamente anche per rendere omaggio al mio irraggiungibile maestro. Un altro ruolo che vorrei interpretare è quello di Des Grieux nella Manon di Massenet e poi mi piacerebbe cambiare e cantare nell’opera di Stravinskij The Rake’s Progress».
Che effetto gli farà leggere le recensioni dei giornali americani dove si elogia la sua voce, la sua tecnica, il suo fisico e dove si dice addirittura che «Donizetti sembrava proprio che per il ruolo di Edgardo si fosse ispirato a lei?». «Li ringrazio. Io studio molto la parte vocale, ma anche il personaggio ed il pubblico sente questa mia dedizione.

Resterà indimenticabile per me, nella Lucia del Met, dopo la romanza dell’ultimo atto, vedere gli spettatori alzarsi in piedi alla fine della mia romanza e sommergermi di pezzetti di carta ricavati dai programmi, come fossero coriandoli. Erano talmente tanti da formare una cortina fumogena e questa specie di barriera affettuosa è stata una fortuna perché così poche persone hanno potuto vedere quanto io, considerato un freddo, fossi felice e commosso».

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