Il film più stupido? È l’unico che sveglia i critici in bambola

Il film più stupido? È l’unico che sveglia i critici in bambola

Ma allora, alla fine, se è un «non film» (Piera Detassis su Ciak), «una fotografia che angoscia lo spettatore (Paolo Di Stefano su Il Corriere della Sera), «solo marketing» (Michele Anselmi su Il Riformista), «uno specchio che rimanda al vuoto» (Concita De Gregorio su La Repubblica), «male costruito e banalmente interpretato» (Gianni Rondolino su La Stampa), «nipote delle commedie del ventennio fascista» (Emiliano Morreale su Il Sole 24 Ore), insomma ciarpame, perché I soliti idioti è il film dell’anno di cui non si smette di parlare? Anche ora che la fenomenale commedia interpretata dalla coppia Biggio&Mandelli è a fine corsa nelle sale cinematografiche (dove in meno di quattro settimane ha totalizzato più di 10 milioni e mezzo di euro al botteghino facendo felice Pietro Valsecchi che produce e Medusa che distribuisce), la battaglia sul film si tinge di colori ancora più accessi. Così Piera Detassis, direttore del mensile di cinema Ciak, nel numero in edicola verga un editoriale che non lascia scampo: «In sala trionfa I soliti idioti eppure qui non è arrivata una sola mail a commento. Voi che di solito parlate di tutto, inveite su tutto, non una parola». Com'è possibile? Semplicemente perché, «come accade anche per i Cinepanettoni, non interessa i lettori di Ciak, innamorati del cinema, cioè di altro». E poi un fuoco di fila contro il film diretto da Enrico Lando. Dapprima con le staffilate di Paolo Mereghetti che - peraltro sbagliando il cognome del regista - si scaglia contro «la giustificazione colta, il rimando cinefilo» per spiegare l’idiota comicità, e poi con l’affondo finale di Stefano Disegni. Al celebre vignettista dell’ultima pagina del magazine il film ha fatto così schifo che non gli è venuto neanche un disegno e allora ha scritto un'apocalittica lettera a mano: «Ieri ho visto I soliti idioti.
Una roba da subumani interpretata, si fa per dire, da due tizi con due facce anonime come un condominio di periferia... Ora pare che questo insulto alla dignità del paese e all’intelligenza dello spettatore stia incassando palate di quattrini... Se davvero questa roba piace alle nuove generazioni, l’Italia non ha futuro». Naturalmente le motivazioni di Ciak sono anche un po’ più prosaiche per via di alcune invettive pronunciate da Valsecchi in una recente intervista a Il fatto quotidiano. Il produttore se l'è presa con la Detassis rea di non aver inserito I soliti idioti al festival di Roma da lei diretto: «È una simpatica ragazza che viaggia ampiamente al di sopra delle proprie possibilità e della vita ha capito poco. Una miracolata, come tanti, troppi altri». Parole quantomeno ineleganti ma Valsecchi, si sa, è fatto così, quello che pensa dice.
Ma ciò che sembrerebbe confinato a sterili conflitti personali assume contorni più generali perché disegna anche una mappa delle varie forze in campo. Così giustamente Dagospia si domanda se la rubrica «sprezzante» di Mereghetti, critico anche del Corriere della Sera, non possa essere letta anche come «una risposta ad Aldo Grasso» che sul quotidiano milanese aveva difeso l’omonima serie televisiva di Mtv da cui il film è tratta. Valsecchi peraltro ammira il critico televisivo del Corriere, tanto da avergli intitolato una sezione del sito della sua casa di produzione Taodue: «Le critiche di A. Grasso». Naturalmente positive. E Dagospia attraverso Marco Giusti è un fan della prima ora dell’operazione di Valsecchi.
Si tratta di un giro vorticoso di amicizie e di «bande» critiche come non si assisteva da anni. Con Mariarosa Mancuso su Il Foglio (uno dei pochi critici positivi del film insieme a Gianni Canova) a citare, e male, Michele Anselmi che le ha risposto per le rime con una lettera su Dagospia.
E poi ancora Piera Detassis che prende in giro alcuni «spiegoni sociologici, assai fighetti e sopraffini» (che ce l’abbia proprio con Canova che ha parlato di una commedia «in stile Risi che inaugura l’estetica “newbrow”»?).

Insomma gli (in)soliti idioti Biggio&Mandelli (che, intanto, se la godono in attesa del cd, dvd, del sequel, dello spettacolo teatrale…), piaccia o no, hanno compiuto un miracolo, anzi due: ravvivando le sale cinematografiche ma soprattutto la critica italiana. Che prima, se non era scomparsa, quantomeno non si sentiva bene.

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