Gli autoritari hanno bisogno di sentirsi amati, di qualcuno che ricordi le grandi opere sociali compiute, gli enormi benefici arrecati alla popolazione e laffetto che i sudditi nutrono verso di loro. Si guardano nello specchio compiacenti delle ovazioni per riaffermare che sono gli eletti. Interpretano un poema epico manicheo nel quale rivestono ruoli da salvatori dei popoli, illuminati dalla grazia di unideologia o di una fede. Alcuni artisti riescono a mettere nelle parole o nelle immagini una dose così grande di adorazione da rendere gli autocrati felici come la matrigna di Biancaneve mentre ascoltava la frase: «sei tu la più bella».
Lo stratagemma più sofisticato utilizzato da Hugo Chávez per mascherare gli effetti del controllo sulla società venezuelana, consiste nel far vedere il rapporto con i suoi oppressi come una sorta di patto damore. In modo tale che la sottomissione - conquistata per mezzo della pressione - presenti il volto rispettabile della generosa devozione che si mostra per affetto verso unaltra persona o per convinzione politica. Per ottenere questo risultato Chávez ha potuto contare su tutto ciò che aveva a disposizione, dalle grandi quantità di petrolio agli intellettuali disposti a mettere la penna e la macchina da presa al servizio del progetto di una Rivoluzione Bolivariana.
Ricordo un amico che al sentir parlare di socialismo del ventunesimo secolo, mi disse con la spontaneità tipica dei cubani, quando non si sentono spiati dalla Sicurezza di Stato: «Quel socialismo dovrà essere rimandato al ventiduesimo secolo». Sicuramente, il film di Oliver Stone South of the border sarà uno spettacolo divertente per chi, nonostante il tempo che passa, legge il nostro presente con le illusioni affascinanti di chi non deve soffrirne la realtà.
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