La finale anticipata si decide in attacco «Ci vuole coraggio»

La formula del tecnico milanista per superare il temuto rivale: «Insieme rappresentiamo il meglio del calcio europeo». «Un buon risultato è vincere, non l’1 a 0». Stam e Serginho tornano in difesa

Franco Ordine

nostro inviato a Milanello

E venne il giorno, anzi la prima notte, di una finale anticipata che si gioca lungo l’inedita distanza di 180 minuti. Si celebra stasera a San Siro e tra una settimana al Camp Nou ed è questo il primo dato da valutare nell’orientare pronostici e previsioni complessive. Fin qui infatti l’ultimo Milan, volubile all’estero, spietato nelle perfomances domestiche, s’è guadagnato un pizzico di gloria nella seconda sfida. Se attacca, a pieno organico, l’armata di Ancelotti esprime il meglio del suo potenziale: se si difende, deve fare i conti con l’insicurezza di Dida e la discutibile solidità di uno schieramento votato all’offesa. Arsenal e Barcellona, negli ottavi, contro Real Madrid e Chelsea, rivali di rango assoluto, sono invece riuscite a conquistare in campo avverso il successo decisivo: gli inglesi al Bernabeu (contropiede di Henry), i catalani a Londra. È il secondo dato da passare all’attenzione di Ancelotti in queste ore punteggiate da una sana tensione. «Comunque finisca, sarà decisivo il ritorno a Barcellona» sostiene didascalico Carletto deciso ad allontanare dalla sua panchina calcoli complicati. «L’anno scorso finì 1 a 0 per noi, 1 a 0 è un buon risultato, non so se può bastare, un buon risultato è vincere senza prendere gol» filosofeggia Ancelotti dentro la bolgia del salone di Milanello. Non è una missione semplice.
Milan e Barcellona si trascinano dietro affinità elettive e qualche precedente che fa godere i tifosi di una certa età. L’anno scorso andò come raccontato, 1-0 a San Siro, 2-1 al Camp Nou con una folgore di Ronaldinho a pochi rintocchi dal finale, Zaccheroni si tolse uno sfizio con Coco e Bierhoff, ad Atene Capello si prese gioco di Cruyff e della sua presunzione, prima di lui Arrigo portò via una Supercoppa d’Europa ai catalani. «Io non giocai, ero infortunato, perciò forse alla fine vincemmo» spiega Ancelotti con quell’aria da gatto soriano. Le due società, legate da eccellenti rapporti personali, si rispettano e si temono, le due squadre incarnano uno stile di gioco unico nel panorama continentale che si può far risalire, per un verso al timbro olandese dei catalani e per un altro all’impostazione dell’Arrigo nell’era berlusconiana, la loro condivisa vocazione. «Io e Rijkaard abbiamo avuto un gran maestro» segnala Carletto per riannodare la storia e lo stampino dei due club che pure perdono, nell’occasione, pedine di non poco conto, Deco, Messi e Larsson sul fronte blaugrana, l’Inzaghi scatenato sul fronte milanista. Ma forse nessuno dei due condottieri che si somigliano e si sovrappongono anche nel privato, ha dentro, nel proprio Dna, il rigore tattico del fusignanista: al Milan qualche insegnamento resiste, al Barcellona lo considerano come i proletari il profitto, sterco del demonio. È inutile prenderla alla larga: per il Milan diventa fondamentale costruire una gabbia solida ed efficace intorno a Ronaldinho. Da quella parte la missione è affidata a Gattuso e Stam, appena recuperato a una sufficiente condizione, ogni tot ne ha una, deve reggere a sollecitazioni ripetute, scatti e finte, si prevede una notte difficile per l’olandese gigante. «Speriamo riesca a fermarlo» confida Ancelotti che rispetto al derby può rimettere sull’argine di sinistra Serginho, autore, spesso, di una collaborazione creativa per i due attaccanti (leggere cross).
Ecco l’ultima chiave di lettura della finale anticipata, atto primo: i duelli. Al Milan manca Inzaghi e Gilardino è ancora un novizio, deve puntare su Shevchenko e sperare che Kakà riesca a liberare la corsa oltre che il dribbling per risultare letale. Ma è più importante augurarsi il miglior Dida possibile (la sua fortuna è che i catalani giocano palla a terra, non muovono mai le pedine per il gioco aereo) e poter contare su un Pirlo più brillante del pallido sosia di queste ultime settimane: sono le due ombre rossonere di un periodo pieno di luci e di risultati abbaglianti.

«C’è bisogno di coraggio e una gran voglia di imporre il proprio gioco all’avversario» la sintesi efficace di Ancelotti. Altrimenti non sarebbe una finale anticipata degna di un esaurito da favola (77mila biglietti venduti, 3 milioni e 300 mila l’incasso, nuovo record) e di una grande attesa.

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