«La finanza globale ha ancora bisogno di cure»

I segnali di ripresa economica non devono fermare il risanamento del sistema finanziario. All’assemblea annuale della Banca dei regolamenti internazionali a Basilea, i banchieri centrali di tutto il mondo temono il «rompete le righe» di fronte alla constatazione che il peggio sembra passato. Contro la tentazione del ritorno alle pratiche disinvolte degli anni scorsi, la Bri avverte: nel processo di risanamento della finanza «il pericolo non è di fare troppo, ma di fermarsi troppo presto». Secondo il direttore generale della Bri, Jaime Caruana, «la crisi finanziaria sta cominciando ad allentare la presa, ma molto altro lavoro è necessario per sistemare i mercati, che ancora non stanno funzionando normalmente».
Un altro rischio è che i manager delle banche che hanno ottenuto aiuti statali rinviino i necessari programmi di risanamento. Le grandi banche, osserva il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni, devono adeguare la loro governance e la gestione dei rischi alle proprie dimensioni, e non cullarsi nella consapevolezza che «sono troppo grandi per fallire. Più le banche sono grandi - spiega Saccomanni - e maggiore è il problema di governance. Inoltre, le grandi banche devono avere maggiori presidi di capitale rispetto alle piccole». Occorre ritornare alla normalità, ma con un sistema più equilibrato, che non presenti le vulnerabilità di quello precedente.
La Banca dei regolamenti internazionali è allarmata per come l’opacità di molti prodotti finanziari abbia condotto alla crisi, e pensa che ciascun prodotto debba essere «etichettato» e registrato come i medicinali: così gli strumenti più sicuri potranno essere offerti a tutti gli investitori, mentre per altri prodotti potrebbe essere necessaria una «ricetta», un’autorizzazione. Altri ancora potrebbero essere dedicati solo a pochi investitori selezionati. Insomma si ipotizza un ranking, una graduatoria, per i prodotti finanziari.
A Basilea si discute di finanza, ma anche di economia reale. I segnali più convincenti arrivano dal Giappone, dove in maggio la produzione industriale è cresciuta del 5,9%, e da alcuni paesi emergenti. «Non siamo ancora fuori dalla foresta - commenta il presidente della Bri, il governatore messicano Gullermo Ortiz - e la domanda è se questi germogli di ripresa metteranno radici». Per Saccomanni, «i Paesi emergenti continuano a crescere a ritmi sostenuti, tuttavia - osserva - difficilmente possono compensare la recessione negli Stati Uniti e in Europa».
Per il direttore generale della Bri, Caruana, sono necessarie «pazienza, perseveranza e determinazione» per l’uscita dalla crisi finanziaria ed economica. Bisogna opporsi a uno scenario che veda «governi molto indebitati che intervengono pesantemente nell’economia, una finanza iper-regolamentata, e la globalizzazione che diventa un ricordo del passato».

Un simile quadro porterebbe a una crescita «anemica», a rischi di inflazione ed a tensioni internazionali. E così, l’uscita dalle politiche espansive, l’exit strategy, dovrà prevedere un ritiro rapido delle misure di stimolo fiscale una volta che i mercati ritorneranno a svolgere le loro funzioni.

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