La Finanza sequestra i test di Messina

da Bari

Dopo Bari anche Messina e Catanzaro. Altre procure si muovono a caccia di possibili brogli nei test d’ammissione alle facoltà di Medicina.
Il ministro Fabio Mussi, come annunciato, ha scritto al procuratore capo di Messina segnalando che nella città siciliana ci sono stati risultati molto maggiori della media, tali, secondo il ministro, da destare sospetti. E la guardia di finanza ieri si è presentata presso gli uffici della presidenza della Facoltà e ha acquisito tutto il materiale relativo alle prove e le generalità del personale addetto a sorvegliare le prove. Qui però l’unica traccia di possibili manipolazioni è legata alla statistica. Più concreta l’indagine avviata dalla procura di Catanzaro, che sarebbe in procinto di spedire i primi avvisi di garanzia. Ma qui c’è di mezzo un fatto concreto: i plichi sigillati con i quiz sono arrivati in aula già aperti. Circostanza che, tra l’altro, potrebbe indurre sospetti sullo svolgimento delle prove non solo a Catanzaro, visto che i test erano uguali in tutta Italia. Intanto a Catanzaro, dove le prove d’esame sono state annullate su sollecitazione del ministro, è partita la corsa gli studi legali. Si parla di decine di ricorsi che saranno presentati da chi sostiene di aver superato onestamente i test e ora si vede costretto ad affrontare ancora una volta la prova.
Il caso più clamoroso resta comunque quello di Bari. Dove, dopo aver messo nel mirino alcune decine di studenti, quasi tutti figli di medici, ora l’inchiesta della Procura di Bari punta sul secondo livello. Dopo aver smascherato il sistema organizzato per ottenere in tempo reale le risposte ai quiz e dopo aver individuato gli studenti che pagavano per ottenere la scorciatoia che garantiva il via libera, gli inquirenti adesso intendono verificare se vi siano state complicità eccellenti. Se nel sistema cioè, sia coinvolto qualche «barone», che in cambio del proprio supporto avrebbe puntato a ottenere favori per parenti e amici. Insomma, l’obiettivo è chiarire se dai dipartimenti delle facoltà qualcuno si sia attivato per agevolare i concorrenti, in particolare sistemandoli in un certo modo nelle aule al momento delle prove visto che nulla veniva lasciato al caso. Il sospetto è che fosse stata preparata un’autentica scacchiera, con gli aspiranti universitari vicino ai cosiddetti accompagnatori, vale a dire quelli che agivano da «postini» recapitando le domande alle centrali operative. Il piano è stato comunque sventato dall’intervento del rettore di Bari, Corrado Petrocelli, che pochi giorni prima dei test ha deciso di utilizzare il criterio della data di nascita per comporre le aule: ecco perché alla fine i concorrenti che si erano rivolti all’organizzazione sono stati costretti a vestirsi tutti di bianco e nero per riconoscersi tra di loro.
In queste ore gli investigatori stanno esaminando i documenti acquisiti nel corso di questa prima fase dell’inchiesta che riguarda gli atenei di Bari, Ancona e Chieti. Gli indagati sono sette, ma a breve saranno formalizzati altri ventuno avvisi di garanzia: si tratta di studenti che hanno effettivamente ottenuto benefici, tutti inchiodati dalle intercettazioni. Gli accertamenti non sono concentrati solo sugli ultimi test.

Al contrario, la guardia di finanza sta esaminando un arco di tempo più lungo, circa quattro anni.
Salterà fuori altro marcio? Stefano Pedica, deputato dell’Italia dei Valori, non ha dubbi: «Sistema diffuso in tutta Italia, è una nuova tangentopoli».

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