Perché i big della finanza puntano sulla sostenibilità

La finanza sostenibile è in volo, ma occhio al rischio "greenwashing" di fronte a volumi di investimenti tanto elevati.

Perché i big della finanza puntano sulla sostenibilità

I giganti della finanza stanno svoltando a tutto campo sulla valorizzazione dei titoli di matrice Esg, ovvero quelli improntati a potenziare le aziende e i gruppi finanziari sotto il triplice profilo di sostenibilità: ambientale (environmental), sociale e di governance. E la questione si presta a diversi commenti nel quadro della corsa globale alla finanza sostenibile.

Da un lato, nessuna rivoluzione finanziaria può davvero prendere piede se non si innesta nei maggiori attori, i market-mover, che con le loro decisioni a cascata influiscono sulle scelte razionali e strategiche degli altri operatori, i gruppi che con la loro potenza di fuoco hanno la possibilità di influenzare le prese di posizione di attori borsistici e governi. Dall'ascesa dei derivati alla digitalizzazione dei processi, ogni svolta è avvenuta in questo modo.

Dall'altro la spinta e la sostenuta corsa alla finanza Esg lascia presupporre che l'obiettivo di sostenibilità sia, in certi casi, passato in secondo piano a scapito del desiderio di redditività di breve periodo in una fase in cui tali tipi di titoli sono valorizzati dal fatto di essere più pregiati. E in Italia, in anticipo su altre autorità, anche la Consob guidata da Paolo Savona ha sottolineato di recente che nei prossimi anni "le autorità di vigilanza dei mercati finanziari si dovranno misurare con molteplici sfide concernenti fra l’altro il rischio di green/socialwashing".

L'autorità di Via Martini si è espressa sul tema nel recente quaderno “La finanza per lo sviluppo sostenibile” in cui vengono analizzate "tendenze, questioni in corso e prospettive alla luce dell’evoluzione del quadro regolamentare dell’Unione europea" e sottolinea che il rischio sia dovuto principalmente all'esagerazione del valore degli investimenti Esg legati a politiche di sviluppo sostenibile nei bilanci ufficiali. Come ricordato anche dal Forum per la Finanza Sostenibile, in questo processo "è importante che i dati siano affidabili e comparabili: la rendicontazione delle imprese deve essere effettuata secondo standard comuni e, in caso di coinvolgimento di data provider, occorre trasparenza sulle metodologie di calcolo per contrastare il rischio di greenwashing”.

Sul tema stanno arrivando da tempo le prime stangate a imprese e gruppi quotati dalle società impegnate nella vigilanza, come ad esempio Standard Ethics, che di recente ha abbassato il giudizio sulla Juventus a “E+ Under monitoring”. Secondo l’agenzia, la società bianconera non sarebbe conforme agli standard Esg, relativi all’ambiente, ai diritti sociali e alla governance. Molto più difficile è invece capire e tenere traccia della qualità degli investimenti "sostenibili" operati dai grandi gruppi finanziari. Su cui i volumi di denaro coinvolti impongono un surplus di attenzione.

Per fare solo qualche numero, nel quadro del recente piano industriale Unicredit, ad esempio, è scritto che nel triennio 2022-2024 sono attesi volumi Esg totali (sono gli asset in gestione di tipo Esg, l’attività di Debt capital market e di social lending) per 150 miliardi di euro cumulati. Sul fronte del risparmio gestito BlackRock ha compilato una ricerca basata sui risultati di una ricerca condotta del BlackRock Investment Institute presso 175 grandi investitori nell’area euromediterranea per un totale di 260 portafogli d’investimento dal valore complessivo di 500 miliardi di euro rilevando che il 25% del valore dei portafogli era legato proprio a prodotti Esg, in crescita dell'8% rispetto al 2020. E, come riporta Focus Risparmio, "l'’adozione si sta diffondendo in tutte le classi di attività all’interno del campione, con le allocazioni più alte viste nelle azioni (29%), reddito fisso (24%) e multi-asset subito dopo (24%)".

Ursula Marchioni, Head of BlackRock Portfolio Consulting Emea, parlando con Repubblica ha sottolineato che la svolta morale verso politiche del genere è legata principalmente alla sensibilizzazione sul tema ambientale: "il clima sta portando cambiamenti a livello macroeconomico, dei fondamentali delle aziende e di repricing dei premi per il rischio di tutte le classi di attivo. Per questo, in tutti i nostri processi di investimento, riguardino essi le strategie multi-asset, absolute return o altre ancora, la sostenibilità è e continuerà ad essere presente, anche grazie ai nostri algoritmi, proprietari per la traduzione del rischio climatico in segnali di investimento". Parimenti, su scala mondiale le emissioni di green bonds, vale a dire le obbligazioni vincolate a spese dedicate all’ambiente, valevano l’anno scorso 300 miliardi di dollari ed entro due anni potrebbero raggiungere la soglia dei mille.

Queste cifre impongono un controllo attento e serrato, nella consapevolezza che la svolta Esg sarà sempre di più una stella polare su cui si orienteranno i giudizi dei mercati, delle autorità, dei regolatori; il mondo degli investimenti Esg va però tenuto lontano da slogan, propagande e tendenze al greenwashing. Come al Cop26 ha spiegato il Ceo della Climate Bonds Initiative, Sean Kidney, le dinamiche degli Esg vanno valorizzate sottolineando che "si tratta di investimenti nell’economia reale perché prevedono di allocare i capitali verso infrastrutture, energia pulita, trasporti, edifici ed agricoltura sostenibile", destinatari di ultima istanza dei nuovi tipi di investimento.

Un investimento Esg non può dunque essere legato unicamente a mere scelte di diversificazione del portafoglio o all'autodichiarazione di un prodotto finanziario come "verde" o "sostenibile": è il fine ultimo

del prodotto a dover far la differenza. E al centro deve esserci sempre lo sviluppo umano, dell'uomo come cittadino, dell'uomo come partecipante a un mercato, dell'uomo come investitore responsabile. Altrimenti sarà sempre e solo il greenwashing a farla da padrona.

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