Finanza sostenibile

Come verificare se un'azienda è davvero sostenibile

A fotografare la reale sostenibilità delle aziende ci hanno pensato la big della consulenza Kpmg e il team di Nedcommunity

Come verificare se un'azienda è davvero sostenibile

Sostenibilità, impatto sociale e resa in linea con i prodotti tradizionali. Questi i cardini del modello Esg intorno ai quali ruota la cosiddetta finanza sostenibile. L’acronimo di tre lettere, che stanno per Environmental, Social, and Governance, ha rapidamente contagiato mercati ed investitori. La promessa di coniugare gli investimenti con la tutela delle risorse e un alto livello di eticità non poteva passare inosservata. Un vero richiamo per chi è alla ricerca di rendimenti che siano il più lontano possibile dalle pratiche di sfruttamento che – nel lungo periodo – rischiano di minare dalle fondamenta il futuro di interi mercati.

Una tendenza talmente solida da innescare anche un fenomeno che cerca di emulare gli aspetti “green” anche quando questi sono difficili da rintracciare. Dinamica che prende il nome di greenwashing: un tocco di verde per rendere più presentabile un dato prodotto. Descrizione che non riguarda necessariamente un’obbligazione collocata su un listino borsistico ma anche un semplice oggetto di plastica o di carta di cui si esaltano caratteristiche ambientali che in realtà non possiede.

A fotografare la reale sostenibilità delle aziende ci hanno pensato la big della consulenza Kpmg e il team di Nedcommunity. Il team di ricercatori ha realizzato un focus sulle principali società quotate a Piazza Affari, le realtà più rappresentative del listino. Ebbene il 74% delle aziende Ftse-Mib definisce obiettivi specifici legati alla sostenibilità: sembra dunque essere entrato anche nei bonus dei manager l’aggancio con l’ambiente e il sociale. Sembra però. Perché del gruppo di società che ha inserito i criteri Esg nelle remunerazioni, l’84% ha utilizzato parametri specifici ma di breve periodo.

Tra le “regine” delle Borsa di Milano ben il 41% non ha però modificato la propria governance interna per monitorare il reale rispetto degli obiettivi di sviluppo sostenibli: i piani di sostenibilità rischiano quindi di continuare a cedere il passo ai risultati di breve periodo. Le evidenze raccolte da Kpmg mostrano anche che – almeno per il momento – è difficile individuare un reale standard nonostante la presenza di leggi e regolamenti sulla materia ambientale. Non solo, sono numerose le aziende che presentano documentazione eccessivamente lunga e che non prende in considerazione le politiche adottate nelle società partecipate o controllate dai principali attori del mercato italiano.

Un importante indicatore che permette di limitare il greenwashing è verificare se il piano sostenibilità sia integrato o meno nel piano industriale presentato agli investitori. Dal rapporto Kpmg-Nedcommunity, si scopre che sono 34 (il 45%) le aziende ad aver realizzato tale integrazione, con un incremento del 140% rispetto al 2017. Numeri importanti se si considera la novità del fenomeno. Cruciale nell’incremento delle politiche a tutela dell’ambiente il confronto fattivo con azionisti e stakeholders, i portatori di interesse generalmente intesi. Saranno quindi i piccoli azionisti e le istituzioni a verificare nel quotidiano quanto sia attuale la tutela dell’ambiente. Una maggiore consapevolezza che consoliderà trimestrale dopo trimestrale.
Anche perché la salvaguardia delle risorse sarà alla base della transizione energetica sulla quale si concentreranno i principali Paesi europei.

Uno sforzo comune che promette di garantire ottimi rendimenti.

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