Fine di un’epoca L’annuncio di Obama

Con un annuncio che sembra quasi più concepito per un uso interno che internazionale, il presidente degli Stati Uniti ha ufficializzato ieri il completo ritiro delle truppe americane dall’Irak entro la fine dell’anno. «Dopo nove anni la guerra in Irak finirà, la marea della guerra si ritira, tutte le nostre truppe ancora nel Paese saranno a casa per Natale», ha detto Barack Obama, sottolineando che in questo modo viene mantenuta la promessa che lui stesso aveva fatto agli americani durante la campagna elettorale che precedette la sua ascesa alla Casa Bianca nel 2008. Obama aveva proclamato la fine delle missioni di combattimento già nello scorso agosto, ma in Irak ci sono ancora poco meno di 40mila soldati americani, a fronte di una presenza massima di circa 139mila a metà del 2007, nelle fasi più difficili della gestione militare di un Paese lacerato da divisioni interne e piagato da un feroce terrorismo sicuramente foraggiato da potenze ostili all’America, Iran in primo piano.
L’impegno militare degli Stati Uniti in Irak sta dunque per concludersi, dopo quasi nove anni di presenza sul terreno, oltre mille miliardi di dollari spesi, 4.400 caduti americani e circa centomila vittime irachene. Ma questo non significa, assicura Obama, che ciò che è stato a così caro prezzo costruito andrà sprecato. «Dal primo gennaio, inaugureremo una nuova fase nei rapporti tra Stati Uniti e Irak, ci sarà una relazione normale tra i due Paesi, una partnership forte e duratura. Aiuteremo l’Irak ad addestrare e ad equipaggiare le truppe irachene. Gli Stati Uniti vogliono che l’Irak diventi un Paese sovrano, sicuro e stabile», ha concluso Obama.
L’attuale presidente democratico aveva puntato molte delle sue carte sul ritiro delle truppe americane dall’Irak e dall’Afghanistan durante la campagna elettorale, in un periodo in cui cresceva l’insofferenza dei cittadini per lo stillicidio di vittime in conflitti che, trascorsi ormai diversi anni dallo choc dell’Undici Settembre, venivano crescentemente sentiti come estranei all’interesse nazionale. Un sentimento particolarmente diffuso nell’opinione pubblica più incline a votare democratico. L’effettivo ritiro americano dall’Irak entro il 2011 rappresenta dunque un successo per Obama, che punta a “doppiarlo” - tra critiche e polemiche - entro il 2014 con un analogo «tutti a casa» da un Afghanistan che appare però al momento tutt’altro che pacificato.


In realtà il presidente avrebbe preferito che una piccola quota del contingente americano (circa cinquemila uomini) rimanesse in Irak, ma vi ha rinunciato in mancanza della garanzia di immunità per i suoi soldati, che avrebbero corso il rischio di essere processati da tribunali non statunitensi se si fossero macchiati di crimini. Gli unici che rimarranno saranno circa 200 marines, messi a protezione dell’ambasciata Usa a Bagdad, che è la più grande del mondo.

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