Fini un leader? Neppure il cognato gli dà retta

Eccolo trovato l’uomo forte di Futuro e libertà, quello più abile di tutti, che comanda, decide e ha l’ultima parola: Giancarlo Tulliani. I ruoli si sono invertiti, fatalmente, se mai sono stati diversi. Non è più lui ad essere il cognato di Fini, ma è Fini che, a questo punto, passerà come cognato di Giancarlo (tra l’altro, da ferrarista, ha ottimi agganci con Montezemolo, per l’eventuale terzo polo). Si conferma la diagnosi di Sgarbi: probabilmente abbiamo sopravvalutato Fini, sicuramente abbiamo sottovalutato i Tulliani. L’ultima è questa, tanto per capire che clima si respira in famiglia. Il leader (ma solo fuori casa) di Fli ha preso un grave impegno con la nazione, mettendoci (...)
(...) la faccia e anche il resto. Dopo aver scoperto, con suo profondo sbigottimento, che nella casa venduta dalla ex An si era insinuato, all’insaputa dell’intera ex An, suo cognato, Fini ha perso completamente le staffe. «Non potevo certo costringerlo ad andarsene - ha spiegato, lasciando intendere terribili scene da pater familias -, ma certo gliel’ho chiesto e con toni tutt’altro che garbati. Spero lo faccia, non fosse altro che per restituire un po’ di serenità alla mia famiglia». Ecco, a occhio e croce neppure su questo il povero Fini avrà diritto ad uno straccio di serenità. Se l’è lasciato sfuggire l’avvocato dei Tulliani, Izzo, raggiunto dal Corriere: «No, io non penso che lo lascerà (l’appartamento, ndr)», ha detto il legale, facendo verosimilmente le veci del ferrarista italo-monegasco. Il quale, par di capire, non si sogna neppure di mollare l’appartamento avito (si fa per dire), tra l’altro così finemente ristrutturato e arredato. Che volete che sia un mistero che da due mesi tiene inchiodato Gianfranco Fini, mette in subbuglio il primo partito del Paese, terremota la credibilità della terza carica dello Stato, con richieste di dimissioni e imbarazzati messaggi pubblici di chiarimento? Problemi del cognato (inteso come Fini), non del leader Giancarlo, l’uomo forte del nuovo partito finiano.
D’altra parte se Gianfranco si vanta d’essere presidente della Camera, Giancarlo può vantarsi di essere già presidente di camera, ingresso, soggiorno, bagno e posto auto. Non c’è gara. Tuttavia si impone una domanda inquietante: se Fini non governa in casa sua, come farebbe a governare una nazione? E c’è una seconda considerazione, che aggiunge altra inquietudine al quadretto già ansiogeno. Parliamo di un personaggio che le riserve della Viterbese chiamavano «Elisabbetto», per significare quanto dovesse all’intercessione della sorella. Ma se dunque Giancarlo si fa un baffo degli ordini di Fini, scavalcandolo, ma poi dipende in toto dalle fortune della sorella, ne consegue che qui il vero leader di tutto quanto è Elisabetta, neppure Giancarlo, che comanda semmai per interposta Tulliani. Che sia l’uno o l’altra, una cosa è certa: Fini è solo la terza carica della famiglia, le prime due sono loro.
Come leader, Giancarlo Tulliani - gli va riconosciuto - è uno molto operativo. In pochissimo tempo è riuscito ad accreditarsi in Rai come produttore televisivo, pur avendo dimestichezza, fino a poco prima, solo col telecomando. È riuscito a strappare per sua madre un contratto con RaiUno da 8.120 euro a puntata. È riuscito a farsi una casa (in affitto, certo) a Montecarlo, e pure la Ferrari 458, più o meno primo possessore in Italia grazie al prestigio personale. E poi è riuscito nell’impresa impossibile: non spiegare niente, per due mesi, di una faccenda su cui mezza Italia, Fini compreso, chiedeva spiegazioni. Un leader capace, operoso, e che sa dosare le parole. Però, dall’altro supposto leader, e aspirante premier, ci si aspettava un polso un po’ più fermo. Invece qui è Fini il soccombente. Questo cognato gliene ha combinate di tutti i colori, lo ha messo nel peggior pasticcio di tutta la sua carriera, non gliel’ha raccontata giusta, gli ha nascosto due o tre cosette tra cui, dettaglio insignificante, il fatto di occupare l’appartamento di Boulevard Princesse Charlotte, lo ha infine costretto a riconoscersi coram populo una certa dose di «ingenuità», ammissione inaudita per un politico navigato come l’ex presidente di An, incidentalmente impegnato in una scalata al centrodestra italiano.

Ma se ci si fa raggirare - domanderebbero i più cinici, rimestando il fango - da un giovanotto di belle speranze e ottime residenze come Tulliani, che genere di disastri si potrebbero combinare una volta eletti premier raggirabili? Intanto, trema già dalla poltrona di presidente della Camera. «Mi dimetterò, se si scoprirà che la casa è di Tulliani». Si è scoperto, ma non è successo nulla. Ovvio, manca il placet del leader Tulliani.

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