Politica

Fini non chiude la porta all’Udc: «Ma il bipolarismo non si tocca»

An: «Proporzionale? Discutiamone ma il governo nasca dalle urne non nei partiti»

Fabrizio de Feo

da Roma

La parola d’ordine, alla vigilia del vertice degli «alleati ribelli» dell’Udc, è tenere i nervi saldi e, se possibile, volgere al positivo i mugugni dei centristi. Una logica attendista che punta a mettere gli interessi della coalizione davanti a tutto e a preservare l’unità del centrodestra, disinnescando il rischio di fughe in avanti o di dichiarazioni avventate che possano ulteriormente avvelenare il clima della Casa delle libertà. Gianfranco Fini, insomma, anche nel momento più delicato, quando tutto lascia credere alla possibilità di una spaccatura della maggioranza, continua a indossare le vesti del mediatore e a proporsi come «trait d’union» tra Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini. Un’opera di tessitura premiata dal sostanziale riavvicinamento tra le parti in conflitto, prodotto dal vertice mattutino dello stato maggiore dei centristi.
Se Forza Italia e Udc appaiono più vicine rispetto a ventiquattro ore prima, per Alleanza nazionale si apre, però, in tutta la sua evidenza la «questione proporzionale», visto che i centristi hanno posto la modifica della legge elettorale come condizione di permanenza nella coalizione. Dalle parti di via della Scrofa nessuno fa salti di gioia per quello che viene percepito come un ritorno al passato. La posizione ufficiale è: «Non siamo contrari a condizione che venga tutelato il bipolarismo». Ma in An tutti sono consapevoli che il proporzionale mina alle fondamenta la logica bipolare e rompe quella che qualcuno definisce la «psicosfera coalizionale», ovvero quella coesione di fondo che solo il maggioritario è in grado di regalare. L’eventuale modifica dovrà quindi essere ponderata a fondo. E dovranno essere piantati precisi paletti, come illustra in serata Gianfranco Fini.
«An è pronta a discutere di nuova legge elettorale solo a condizione che essa garantisca che, come accade ora, la coalizione di governo nasca nelle urne, per volontà degli elettori, e non in Parlamento per volontà dei partiti» afferma il vicepremier e leader di An. «Mi auguro che l’Udc - aggiunge Fini - sia consapevole che, al di là della scelta maggioritario-proporzionale, per An sarebbe inaccettabile archiviare la stagione del bipolarismo e dell’alternanza tra coalizioni formatesi prima del voto popolare». Al presidente di An fa eco Ignazio La Russa che si muove sullo stesso territorio verbale del leader. «Pur essendo da sempre fautori del maggioritario, noi di An non abbiamo mai escluso che si possa giungere a discutere, proprio nel rispetto degli altri partiti della coalizione, anche di riforma elettorale in senso proporzionale» dice il capogruppo alla Camera. «Resta fermo il fatto che il limite invalicabile è il bipolarismo. Gli elettori nel momento in cui si recano alle urne, devono poter scegliere non solo quale partito votare ma anche il premier, il programma e la coalizione».
Una investitura più convinta alla richiesta centrista arriva, invece, da Adolfo Urso. «È una proposta concreta, costruttiva, su cui abbiamo il dovere di lavorare senza preclusioni» spiega il viceministro. «Finalmente - aggiunge Urso - si è aperto uno spiraglio per riaprire il dialogo nella coalizione, il premio di maggioranza salvaguarda il bipolarismo e la democrazia dell’alternanza, condizione che An aveva posto per qualunque riforma elettorale». Alessio Butti, responsabile Informazione di An, sposta la prospettiva del discorso e invita gli alleati a non incartarsi su questioni periferiche rispetto al momento del Paese. «Sarebbe assurdo avvitarsi sulla questione del sistema elettorale nel momento in cui la gente vuole risposte ai problemi veri, quelli della vita quotidiana» dice Butti. Carmelo Briguglio, ex capo della segreteria politica del partito, detta, invece, una sua ricetta per chiudere una volta per tutte l’eterna querelle sul candidato premier. «Questo logoramento di Berlusconi certo non ci aiuta» commenta Briguglio. «Io credo che la discontinuità tanto reclamata potrebbe arrivare proprio dall’utilizzo dello strumento delle primarie anche nel centrodestra.

Sarebbe un modo per Berlusconi per rafforzare la sua leadership e scacciare via, una volta per tutte, le perplessità sul suo appeal elettorale».

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