Fini: «Non sto alimentando fronde ma idee per il futuro»

Roma«Guastatore chi? Io?». Quando glielo dicono, Gianfranco Fini quasi quasi s’indigna: «Dico solo quello che penso e io penso al futuro». E quando poi lo definiscono «la suocera», magari un po’ petulante, del Pdl, il presidente della Camera è sul punto di perdere la pazienza. «Qui si fa confusione. Oggi c’è un eccesso di tattica e una carenza di strategie, un eccesso di propaganda e un difetto di politica. Oggi è oggi, va bene. Ma vogliamo cominciare a programmare anche il domani?». Insomma, «non c’è nessun caso-Fini, non sto cercando un’altra parrocchia». Però, avverte, «continuerò a dire la mia, a porre problemi e alimentare il dibattito».
Gianfranco Fini sfrutta l’occasione della presentazione del libro di Mario Prignano, Il giornalista politico, per fare il punto sulle accuse di dissidenza che negli ultimi tempi gli sono piovute addosso. Io, giura, «non mi sento stretto, non sto facendo fronde, non sto facendo il controcanto». E con Silvio Berlusconi, assicura, non è in corso alcun braccio di ferro. «È solo una questione di ruoli e di oneri diversi. Il presidente del Consiglio ha il compito di decidere e governare, il presidente della Camera, in Italia, ha il dovere di non essere di parte ma non può nemmeno limitarsi a fare il notaio. Deve invece alimentare il dibattito politico, esprimere delle opinioni. Desta forse scandalo se lo fa? Io ritengo di no e perciò continuerò a farlo».
Il Cavaliere quindi può stare tranquillo, Farefuturo, la fondazione di Fini, «non è un gruppo di guastatori ma appunto, un gruppo che guarda verso il domani: e non è un pensare sovversivo, ma solo lungimirante». Nessun ripensamento. «Ho contribuito alla fondazione del Pdl senza dire “sì però”, non ho fatto la suocera. Ho sempre creduto nel bipolarismo, ho raccolto le firme per il referendum e ritengo giusto sollecitare un approdo con due grandi forze che cercano di costruire le condizioni di sicurezza per l’Italia nei prossimi quattro, cinque o dieci anni».
E nessuna marcia indietro. «Se le mie posizioni alimenteranno il dibattito nel Pdl e con le altre forze politiche, io ne sarò lieto e non penserò certo di aver disturbato». Del resto, aggiunge, «siamo o no in una fase post-ideologica, abbiamo o no due grandi partiti plurali al loro interno?». O magari, ironizza il presidente della Camera, «c’è qualcuno che ha nostalgia dei partiti-chiesa e della loro ortodossia».
Fini difende dunque il suo diritto-dovere di esprimere opinioni. Ma questo, si affretta poi a precisare, non significa che stia giocando chissà quale partita personale.

«Quando ho parlato del rischio del cesarismo, intendevo semplicemente segnalare che in una democrazia sempre più governante e capace di decidere, il potere legislativo è il necessario contrappeso e non un impaccio». A volte, conclude, i retroscena giornalistici sono sballati. Ma altre volte no: «Squali, squaletti e tonni ci sono anche tra i deputati, il giornalismo non è certo peggiore della politica...».

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