Fini torna a iscriversi al Pdl ma spara a zero sulla Lega

Fini torna a iscriversi al Pdl ma spara a zero sulla Lega

nostro inviato a Chianciano Terme (Siena)

L'iscrizione al grande centro non c'è stata e nemmeno un nuovo strappo. Gianfranco Fini si è presentato in un'arena che in questa fase è decisamente antiberlusconiana - gli stati generali dell'Udc - senza alimentare più di tanto la polemica con il premier; cosa che ieri a Chianciano Terme gli avrebbe procurato l'equivalente di una santificazione. Fini ha preferito invece ribadire le ragioni del bipolarismo, vero e proprio tabù dei centristi e di chiunque creda in un progetto neomoderato. Ha addirittura richiamato l'Unione di centro ai doveri della comune appartenenza ai popolari europei. Praticamente una nuova iscrizione al Pdl, sottolineata anche dalle parole di Pier Ferdinando Casini che, nella tensostruttura che ospita la tre giorni centrista, lo ha presentato, come «cofondatore del Popolo della libertà».
Toni lontanissimi da quelli di Gubbio e dalle schermaglie dirette con Silvio Berlusconi; un ritorno a casa, con un'unica deviazione: l'attacco durissimo alla Lega Nord. Se venerdì Umberto Bossi aveva bollato le ultime mosse di Fini come un suicidio, il presidente della Camera non gli ha fatto sconti e ha attaccato il Senatùr sul terreno delle politiche sull'immigrazione. «Negare che accanto alla politica dei doveri, serva una politica dei diritti, non è un suicidio politico. Farlo, amici miei - ha scandito mentre la platea Udc applaudiva fragorosamente - è un suicidio della ragione. Nemmeno della pietà cristiana, della ragione». Una risposta all'attacco del Senatùr, anche perché sulla politica dei respingimenti Fini è d'accordo. Restano distanze di principio.
Fini attacca il partito di Bossi anche sui simboli dell'unità e dell'identità nazionale. Quelle del Carroccio sul tricolore e sull'inno «non si possono ridurre a boutade, uscite propagandistiche. Gli interventi ormai quotidiani della Lega su questi temi tengono a svilire i simboli dell'unità. Il problema non è il dialetto, ma la lingua nazionale e la sacralità del tricolore». La difesa dei temi nazionali è nel dna di Fini e ricorda molto le schermaglie di qualche anno fa tra Lega e Alleanza nazionale.
Quello che ha colpito la platea dell'Udc è semmai il fatto che sia andato a parlare di bipolarismo proprio a casa loro. Certo, «quella che ho sempre definito la malattia infantile del nostro bipolarismo, cioè la tendenza a delegittimare e demonizzare l'avversario, non è passata». Ma «io non ho cambiato idea rispetto al passato e non me la sento di considerarla un'esperienza negativa. Anche perché penso che la soluzione non possa essere quella della situazione precedente a questa fase». Insomma, il ritorno a sistemi elettorali come quello della prima Repubblica - leit motiv della tre giorni Udc - non può essere la soluzione: «Buttare il bambino con l'acqua sporca è una soluzione peggiore del male in cui ci troviamo».
Il presidente della Camera è parso quindi lontano anni luce da Francesco Rutelli che invece ha auspicato un sistema con sei-sette partiti e che ieri sembrava molto più in sintonia con i centristi. Fini non rinuncia a prendere le distanze dalla «tendenza a delegittimare e demonizzare l'avversario», ma sottolinea anche come la radicalizzazione dello scontro sia il risultato della crisi economica, una tendenza che l'Italia condivide con il resto d'Europa. Spiega come la sua presenza agli stati generali non sia un'adesione. «Il fatto che io sia qui oggi, non solo come presidente della Camera, ma come esponente del Pdl, scatenerà una serie di sciocchezze. Sono qui - ha puntualizzato aprendo il suo intervento - perché è un dovere del presidente della Camera nei confronti di un partito presente in Parlamento ed è un dovere di un esponente politico che ha posizioni diverse rispetto alle vostre confrontarsi e vedere se c'è convergenza».
Una lezione di dialogo tra partiti, quindi, che Fini estende a un altro argomento che lo separa dai centristi, quello della legge sul fine vita, quando propone ai quadri Udc l'adozione di un testo sul quale si ritrova d'accordo anche lui, il passaggio del catechismo ufficiale della Chiesa sull'accanimento terapeutico.

E quando auspica il superamento della divisione tra cattolici e laici. Tesi e dibattito politico da ritorno alla normalità. E non quello che molti si aspettavano: l'inizio di una nuova avventura politica lontano dal Pdl.

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