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Finiscono 12 anni di divieti l’Ue dice sì ai cibi transgenici

Ore 12. La prima a dare la notizia è l’Apcom: «Bruxelles decreta la fine dell’embargo sulle colture Ogm». Una semplice riga di titolo preceduta da tre asterischi, il simbolo grafico che identifica i lanci informativi di massima importanza. E infatti il «take» dell’Apcom, nel giro di pochi minuti, viene ripreso da tutte le agenzie di stampa internazionali.
Ore 12.08. L’Ansa annuncia: «Via libera della Commissione Ue alla coltura in Europa della patata transgenica Amflora, per uso industriale. Il via libera sarà accompagnato dal lancio del dibattito politico sul futuro del dossier degli Ogm nell’Ue seguendo la linea del presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, il quale ha dichiarato nelle scorse settimane "di non voler imporre la coltura degli Ogm in Europa"».
Un no - quello sui prodotti geneticamente modificati - che resisteva nell’Ue dall’ottobre del 1998; ieri, dopo 12 anni di accese contrapposizioni, la svolta. Che però è lontanissima dall’aver spazzato il campo dalla fitta selva dei distinguo.
La patata Amflora (prodotta dalla multinazionale Bayer), modificata in modo da avere un maggior contenuto di amido, è stata infatti a lungo al centro di una controversia fra l’Efsa (autorità Ue di sicurezza alimentare), con sede a Parma, che ha dato il suo via libera tecnico, e le due autorità sanitarie, europea e mondiale, l’Emea (agenzia Ue del farmaco) e l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità).
La controversia riguardava la presenza, nell’Ogm, di un gene marker che conferisce resistenza a un antibiotico importante per la salute umana. L’Efsa ha dato il suo via libera nonostante il fatto che la direttiva Ue 2001/18, relativa al rilascio deliberato di Ogm nell’ambiente, proibisca espressamente l’autorizzazione per gli Ogm contenenti geni di resistenza ad antibiotici importanti per la salute umana. A più riprese, negli anni scorsi, la Commissione aveva cercato di ottenere il sostegno degli Stati membri nel comitato di regolamentazione degli Ogm e in Consiglio Ue, senza mai ottenere la maggioranza richiesta per l’autorizzazione alla coltura. Le norme Ue, tuttavia, danno all’Esecutivo comunitario il potere di assumere da solo la decisione sull’autorizzazione, se non si esprime contro almeno la maggioranza qualificata degli Stati membri. Dopo che il precedente commissario all’Ambiente, Staros Dimas, aveva bloccato la proposta, il suo successore, il maltese John Dalli, ha creduto bene di marcare con questa decisione il suo primo atto pubblico. Oltre alla patata Amflora, che è stata autorizzata per la coltura e per l’alimentazione degli animali, sono state approvate anche altri tre nuove varietà di mais Ogm, tutte destinate all’importazione e la commercializzazione per l’alimentazione degli animali.
Ma quali strumenti ha uno Stato membro dell’Ue per opporsi alla coltivazione sul proprio territorio di un Ogm già approvato a livello comunitario? L’unica strada percorribile è invocare la «clausola di salvaguardia», alla quale neppure Bruxelles potrà opporsi. Ma per far valere la «clausola di salvaguardia» è necessario motivare la decisione con «informazioni nuove o complementari, resesi disponibili» dopo l’approvazione comunitaria. Che, detto fuori dal burocratese Ue, significa: «Gli Stato anti-Ogm hanno le mani legate, meglio che si rassegnino... ». Sei paesi (Austria, Ungheria, Francia, Grecia, Germania e Lussemburgo) hanno già invocato questa clausola contro la coltivazione del mais Monsanto Mon810 (l’unico Ogm piantato in Europa), ottenendo però scarsissimi risultati.


Ma il fronte contrario alle colture geneticamente modificate ha ancora una carta da giocare: il commissario europeo alla sanità John Dalli ha annunciato infatti che, prima dell’estate, sarà presentata una proposta sul futuro degli Ogm in Europa che mira a lasciare agli stati membri la scelta se coltivarli o no. Ma ormai il dado pare definitivamente tratto. Meglio che il ministro Zaia se ne faccia una ragione...

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