La Fiom insiste: troppi brogli. E si prepara la fronda a Epifani

L’ala ostile al segretario accusa: i dati sono molto diversi da quelli diffusi, le nostre ragioni non hanno avuto spazio

La Fiom insiste: troppi brogli. E si prepara la fronda a Epifani
Roma - Protocollo promosso dal complesso dei votanti e bocciato nelle grandi fabbriche del Paese. Soprattutto nelle roccheforti operaie, luoghi simbolo come la Fiat Mirafiori. Che - paradosso rilevato da Giorgio Airaudo, leader della Fiom torinese schierato con il «no» - è «una fabbrica che sta bene, che è stata rilanciata, e che nei prossimi mesi tornerà ad assumere».

Ieri a urne ancora aperte sono cominciate a piovere i risultati del referendum tra lavoratori, pensionati e lavoratori atipici sull’intesa raggiunta da governo e parti sociali il 23 luglio. All’inizio quelli diffusi da Rifondazione comunista. Già in mattinata il responsabile economia del Prc Maurizio Zipponi annunciava - tra le proteste dei colleghi di coalizione e, soprattutto, dei sindacati - che «dove pulsa il lavoro, nella grande e media industria» stava prevalendo il no; «un messaggio a Prodi». Poi sono arrivati i numeri della Fiom-Cgil relativi ai metalmeccanici. Infine quelli quasi ufficiali delle segreterie confederali, costrette a interrompere un flusso di informazioni che stava andando in una direzione indesiderata.

All’inizio i sì erano dati all’82 per cento. Poi tra il 70 e l’80 per cento. Comunque una vittoria «netta e al di là delle aspettative», hanno commentato insieme i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Dati «fasulli», hanno ribattuto i sostenitori del no. Quel risultato, ha spiegato Giorgio Cremaschi di Rete 28 aprile, componente della sinistra Cgil, è «ottenuto sommando solo le aziende dove ha vinto il sì».

A non far tornare i conti sono i primi risultati arrivati dalle fabbriche. Sicura la vittoria dei no in tutti gli stabilimenti Fiat con percentuali che vanno dall’80 per cento di Mirafiori e Cassino all’85 per cento di Melfi fino addirittura al 92 per cento di Pomigliano d’Arco. No anche all’Ansaldo (67 per cento), Fincantieri di Napoli (91 per cento) e l’Electrolux (80 per cento). Risultati bilanciati da qualche sì al Protocollo come quelli dell’Ilva di Taranto (oltre il 70 per cento), della Tissenkrupp di Terni (79 per cento di sì) e del Nuovo Pignone (79 per cento). Nel complesso, secondo la Fiom tra le 484.507 tute blu che hanno votato, i no hanno raggiunto il 53 per cento dei consensi. Stima che contraddice quanto annunciato da Epifani, Bonanni e Angeletti e cioè una «netta vittoria del sì» al referendum sul welfare «anche tra gli operai».

Ma a fare arrabbiare Cremaschi - che ieri si è fatto portavoce di chi contesta la consultazione e chiede addirittura che si ripeta il voto - è il risultato tra i pensionati: il 73 per cento. La categoria dalla quale tutti si aspettavano il sostegno decisivo al sì, secondo i dati ufficiali, avrebbe approvato l’intesa ispirata dal ministro del Lavoro Cesare Damiano con una percentuale inferiore alla media.

«Impossibile», argomenta Cremaschi, sicuro che la ragione di un eventuale vittoria netta dei sì vada cercata altrove. E cioè in una «zona grigia» determinata dal voto esterno ai luoghi di lavoro nei quali, per inesperienza o assenza di regole, si sono verificate irregolarità.

Accanto al no dei Cipputi, ci sono i sì arrivati da intere categorie. In particolare quello degli statali dove il protocollo è stato approvato con circa il 73 per cento dei consensi. E c’è stato un boom dell’affluenza negli ultimi due giorni di voto. Cioè subito dopo - commenta un leader della Funzione pubblica - la denuncia di brogli da parte di Marco Rizzo. Ma è probabile che statali e dipendenti degli enti pubblici si siano convinti, più che per il contenuto del Protocollo, per le concessioni fatte con la finanziaria, in particolare per quanto riguarda la assunzione a tempo indeterminato dei precari. E non è un caso che il sì abbia vinto anche nelle società di servizi agli enti pubblici.
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