Roma

Fioretti: ecco perché ho lasciato An

In merito a quanto è stato scritto nei giorni scorsi sulla cronaca romana di alcuni quotidiani, devo chiarire alcuni aspetti della vicenda che mi ha portato a concludere la lunga militanza politica in Alleanza Nazionale. Premetto che le ultime settimane sono state per me particolarmente sofferte ma, viste le reazioni e le dichiarazioni degli esponenti di An in questi giorni, sono persuaso che tanto scrupolo da parte mia non era assolutamente giustificato.
An per essere lasciata dovrebbe esistere e non esiste più. Esiste un leader, non un partito dove si possa discutere, confrontarsi e riunirsi in assemblee o congressi dove si possa essere considerati per le idee e non per i voti che si portano.
Non solo io, ma molti colleghi e militanti del partito(?) da anni cercano di parlare e di collaborare laddove nessuno ci permette di essere una mente pensante, ma solo un numero di comodo. In An è oramai tutto impossibile, esiste un leader ed una piccola corte di personaggi politicamente impreparati ma bravissimi nello svolgere il loro compito di fedeli cortigiani. Questo non giova alla politica.
Non sono il primo e non sarò l’ultimo a lasciare un partito delle idee confuse; non a caso per uno, dieci Musumeci, il centrodestra ha perso le ultime politiche.
Perché l’Italia dei Valori? Perché con Di Pietro ho ritrovato molti di quei valori che An ha lasciato nel dimenticatoio. La mia è stata una scelta di idee. Sono convinto che in questo partito presto ritroverò o ritroveremo in molti la voglia di combattere per quel che siamo.
Di Pietro mi ha comprato? Frase brutta, sgradevole e che prevede da parte mia una scelta economica o comunque di interesse. Non mi risulta, informatevi di questo: chi nutrisse sospetti in tal senso, non conosce il ministro Di Pietro.
Leggere inoltre le dichiarazioni di Alemanno e Marsilio, che hanno fatto della politica di An un suk orientale, fanno capire bene lo stato confusionale del partito a Roma. Infatti si avvitano sull’idea che gli uomini si comprano e di conseguenza non valutano l’ipotesi del rispetto e del confronto, a dimostrazione che non hanno ancora capito la svolta di Fiuggi, (Tatarella docet) continuando a sconfinare sull’insulto personale, sulla calunnia mascherata.
Poi ribadisco la mia scelta di libertà, anche nel rispetto degli elettori, che sicuramente non rimarrebbero entusiasti nel sapere che Alemanno, come sua unica preoccupazione politica, mi avrà telefonato decine di volte «solo» per avere i voti nel Congresso romano e mai per risolvere i problemi non solo miei, ma di una parte della classe dirigente che trascina un profondo malessere sia sulla gestione padronale del partito che sulla mancanza di trasparenza in Campidoglio. Senza parlare dei «Cavalli di Caligola» per quello che hanno fatto nei seggi elettorali..

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*ex consigliere comunale già presidente del Cotral

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