Politica

Fiori: «L’unità non è un valore può nascere un Correntone»

Il leader teme un «commissariamento». Unica concessione: Matteoli coordinatore. Anche Storace e Urso col vicepremier

Francesco Kamel

da Roma

Onorevole Publio Fiori, lei ieri ha detto che «è finita la stagione dell’unanimità» e «sosterrà Gianni Alemanno per la carica di segretario».
«Alemanno ha accettato la mia proposta. Si tratta di un passaggio importante perché chiarisce le prospettive del partito e scompone le correnti. Ad esempio credo che Francesco Storace non sarà d’accordo».
Su partito unitario del centrodestra e referendum si va allo scontro aperto?
«Il percorso per la ricomposizione è ridotto. Anche con tutto il cinismo possibile è difficile conciliare i valori di Fiuggi con i comportamenti di oggi. Allora ex missini, ex liberali ed ex democristiani si sono fusi, trovando un punto di equilibrio che oggi è in discussione».
Quante possibilità ci sono che si arrivi a una spaccatura?
«Molte. Il partito non può mutare la propria natura e il presidente non può fare come vuole. Se si vuole cambiare identità, se si vuole il partito unitario ci vuole un congresso straordinario. Chi vuole cambiare strada ci lascia nome e simbolo e noi andiamo avanti sulla rotta tracciata a Fiuggi».
Si dice che sarebbe pronto a passare con la nuova Dc di Gianfranco Rotondi...
«Spero mi si consenta di rimanere in An. Se vogliono rinnegare i valori e cacciare i fondatori mi muoverò di conseguenza».
Ha in mente uno schema per l’organizzazione del partito?
«Ci vuole un presidente eletto dal congresso e un coordinatore o segretario che sia investito dall’Assemblea nazionale, ognuno con una propria legittimazione».
Rispetto al dinamismo di Alemanno, come si stanno muovendo gli altri?
«Stanno tentando di mediare e di ricompattarsi in nome dell’unità. Ma l’unità non è in assoluto un valore».
Anche lei sta realizzando il documento politico per l’Assemblea del 2 e 3 luglio con Alfredo Mantovano e Gianni Alemanno?
«Sì, soprattutto per quel che riguarda la ridefinizione della nostra identità».
Fini rischia la leadership?
«No. Ma quando c’è la sconfitta e l’errore, un leader deve mettersi in discussione e Fini non lo sta facendo. Negli ultimi anni abbiamo perso 2,5 milioni di voti».
Il compromesso potrebbe essere Altero Matteoli come coordinatore del partito…
«Matteoli è una persona degnissima che saprebbe ricoprire bene l’incarico. Ma una soluzione del genere andrebbe bene in tempi di normale dibattito interno. In questo momento abbiamo necessità di una candidatura dialettica rispetto alla presidenza di Fini. Ci vuole un confronto vero».
È d’accordo sull’incompatibilità tra cariche di governo e di partito?
«Sì. Alemanno mi ha assicurato che in caso diventasse segretario si dimetterebbe immediatamente da ministro».
Che partito vorrebbe? Gollista, popolare, conservatore?
«Popolare e di ispirazione cristiana».
In An può nascere un’opposizione sul tipo del Correntone?
«È una concreta possibilità».
La scorsa settimana a via della Scrofa, Fini ha cercato di «ridimensionare» il dissenso senza voler parlare di referendum e delle dimissioni di Alemanno. Una scelta giusta?
«Fini ha tentato di dribblare l’argomento referendum ma io e Alemanno lo abbiamo costretto ad affrontare il tema. A quel punto Fini ha scaricato le responsabilità su tutti perché in precedenza si era deciso per la “libertà di coscienza”. Infatti penso che l’autocritica di Fini debba riguardare tutta la classe dirigente del partito».
Secondo lei il 2 e 3 luglio come andrà a finire?
«Non sono per nulla ottimista».
Si discute sull’ipotesi che al posto di Berlusconi la Cdl presenti un altro candidato premier. Fini pagherà le lotte interne ad An in favore di Pierferdinando Casini?
«Fini è danneggiato, ma anche l’Udc non sta messa bene. E poi non penso che Berlusconi faccia il “passo indietro”. E a questo punto nemmeno me lo auguro».
Sa che c’è qualcuno che sta già lavorando a un nuovo nome e a un nuovo simbolo per An?
«Sono cose secondarie.

Il problema centrale non è la forma ma i contenuti: la nostra identità».

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