Antonella Mollica e Simone Innocenti
Firenze - Il piccolo Tommaso non ce l’ha fatta. La sua battaglia per la vita si è interrotta la scorsa notte alle 4.45 nel reparto di terapia intensiva del Meyer per complicazioni cardiocircolatorie. Sei giorni dopo essere venuto al mondo, con soli 500 grammi di peso e 22 settimane di gestazione, nel momento in cui doveva abbandonare la vita. La mamma e il padre lo hanno salutato per l’ultima volta ieri mattina all’alba, quando sono stati chiamati dai medici del reparto che hanno detto loro che l’ultimo filo di speranza si era spezzato. Erano sconvolti, racconta chi ha parlato con loro. Chiedono silenzio, fino a quando non avranno dato una sepoltura a quel bambino che non doveva nascere e che ha sfidato la vita. La notizia della morte del piccolo è stata data ieri mattina dal direttore generale del Meyer Paolo Morello: «È stato fatto tutto il possibile. Dal punto di vista sanitario ma anche di supporto umano ai genitori in questa circostanza veramente tragica».
Adesso spetterà alla procura di Firenze capire che cosa non sia andato per il verso giusto in questa storia drammatica. Ieri mattina i carabinieri del Reparto operativo e del Nas si sono presentati all’ospedalino pediatrico con una delega della procura di Firenze per acquisire tutta la documentazione relativa al caso. Il procuratore capo Ubaldo Nannucci ha poi precisato che l’inchiesta è stata aperta dopo l’acquisizione della lettera scritta dal leader del Movimento per la vita Carlo Casini al ministro della Salute Livia Turco e alla procura per chiedere se in questa vicenda qualcuno abbia violato la legge 194. «Per il momento non è stata formulata alcuna ipotesi di reato» ha precisato Nannucci. Questa mattina intanto all’istituto di medicina legale di Careggi si farà l’autopsia sul corpo del bambino. Bisognerà innanzitutto capire se realmente il piccolo era sano, poi la procura cercherà di capire come sia stato possibile arrivare a una diagnosi errata che per ben tre volte ha ripetuto alla madre che il bambino che portava in grembo era affetto da una malformazione che non esisteva. A certificare la necessità dell’aborto terapeutico della giovane madre è stato uno psichiatra al quale la madre si era rivolta quando le avevano prospettato la possibilità che il bambino presentasse delle malformazioni.
Lo ha ribadito anche ieri il direttore generale del Meyer Paolo Morello: «Non c’è stato alcun errore e che tutte le procedure sono state rispettate». «Lo psichiatra è il vero responsabile del processo di interruzione di gravidanza», ha affermato ieri anche Claudio Giorlandino, presidente della Società Italiana di Diagnosi Prenatale e Medicina Materno Fetale. «La legge 194 è ben articolata e prevede, come in questo caso, che la donna possa chiedere l’aborto per una qualsiasi condizione del suo feto se questa comporta un grave rischio per la salute fisica o psichica della donna stessa.
È lo psichiatra che dà l’autorizzazione, è lui che certifica se una donna che porta in grembo un bambino con una anomalia, corre un grande rischio per la sua salute fisica e psichica mettendo al mondo un figlio malformato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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