«Firmare mette paura alla Margherita»

Bruno Dalla Piccola, leader del comitato «Scienza e vita»: molti di loro condividono le idee, ma non hanno il coraggio di esporsi

Emanuela Fontana

da Roma

C’è chi approva il manifesto «per l’Occidente» e non lo può dire. Perché creerebbe una crisi di coalizione. Sono le spietate regole della campagna elettorale, che rivela uno dei firmatari dell’appello del presidente del Senato Marcello Pera e che non siede in Parlamento e non è un politico, il genetista Bruno Dalla Piccola: «Mi sento onorato - dice il professore, presidente del comitato “Scienza e vita” - di essere stato tra i primi a firmarlo». Le polemiche a suo avviso sono pretestuose, perché «se questo manifesto l’avesse presentato qualcuno della Margherita» non si sarebbe sollevato tutto questo polverone: «A parte che sarebbe difficile - aggiunge - per loro esprimersi ora in certe maniere...».
Professor Dalla Piccola, molti dei punti fondanti di questo manifesto non sarebbero condivisibili anche dai cattolici Dl?
«Certamente. Ho parlato con alcune persone della Margherita e li ho trovati allineati. Abbiamo rilevato lo stesso tipo di trasversalità del comitato “Scienza e Vita”. Un aspetto su cui dovremmo ragionare. Ma forse questo è il momento meno opportuno per dire tutta la verità. Ci sono persone che non hanno il coraggio delle loro azioni».
Perché ha firmato questo manifesto?
«Molti dei valori nei quali io credo da sempre sono esattamente contenuti nel manifesto. Si vuole cercare di recuperare i nostri valori storici, non vergognarsi delle radici cristiane, dei valori della famiglia e dell’uomo in tutto l’arco della sua vita, i valori in cui ho sempre creduto e che trovo perfettamente sintetizzati nel programma».
Cosa pensa del paragone del quotidiano Liberazione tra questo manifesto e quello fascista sulla razza del ’38?
«Le polemiche vogliono interpretare in una maniera di parte questo manifesto. Quando dico “Crediamo nelle nostre radici”, non significa essere intolleranti, perché questo manifesto dà un’apertura e un’integrazione alle persone che vengono nel nostro Paese. Penso sia un testo di gran buon senso, di coraggio e che dice: recuperiamo quello che distrattamente stiamo perdendo, è una sferzata di energia. La pressione politica non fa ragionare le persone».
Le sembra che i contenuti siano molto vicini alle parole di papa Benedetto XVI?
«Sicuramente, anche se io non mi vado mai ad allineare solo perché lo dice qualcuno, in questo caso il Papa, mi riconosco nel contenuto. Quando ho letto il manifesto mi sono sentito onorato di essere uno dei primi firmatari».
Secondo lei cosa ne pensa veramente Romano Prodi?
«Non lo conosco personalmente. Ma ci sono troppi interessi in gioco. Non mi stupisco che con lo stesso coraggio con cui è andato contro il cardinal Ruini, suo celebrante di nozze, in un momento politico particolare non si esprima o faccia affermazioni che non coincidano con il suo passato. Auguri se dovrà gestire un’alleanza di governo che è così ampia».
Crede che il manifesto possa ricostruire una base dal basso su alcuni valori fondanti?
«Mi sembra che sia appoggiato da un fronte molto ampio e che copre persone con caratteristiche diverse».


Come si può mantenere vivo questo progetto?
«Visto che cade in un momento di avvio della campagna elettorale, coloro che scenderanno in piazza si identifichino in questi valori e lo dichiarino. Io vorrei sapere chi crede in questi valori per dare il mio voto».

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