«Fiscalità agevolata per il settore distributivo»

Il tema è più che mai di attualità: gli incentivi funzionano davvero? E soprattutto, il loro impatto è sufficiente a trascinare il settore dell’auto fuori dalle secche della crisi? A leggere i numeri, verrebbe da essere moderatamente ottimisti: a marzo, infatti, le immatricolazioni hanno ripreso a crescere (+0,24%), dopo oltre un anno contrassegnato da segni «meno». C’è però chi è convinto che si tratti solo di benefici destinati a durare poco, e dei quali comunque il mercato sarà chiamato a pagare le conseguenze già nel prossimo futuro. Per superare il momento difficile, invece, occorrerebbero interventi strutturali, capaci d’incidere anche su un segmento fin qui trascurato: quello delle vetture aziendali.
Così la pensa, per esempio, Bmw Italia, che a supporto della sua tesi ha commissionato uno studio alla Sda Bocconi, presentato al governo già alla fine del 2008. «Come sono concepiti gli incentivi incidono sostanzialmente solo sulla fascia più debole del mercato - spiega Andrea Castronovo, presidente e amministratore delegato di Bmw Italia -: se si vuole dare uno stimolo effettivo al settore, occorre aiutare anche chi ha qualche disponibilità in più: e non mi riferisco tanto alla popolazione ad alto reddito, quanto all’ampio segmento delle auto aziendali, che gli attuali provvedimenti hanno invece ignorato». Ed è proprio in quest’ambito che lo studio Bmw-Sda Bocconi suggerisce una serie d’interventi. Per esempio l’innalzamento del costo fiscalmente riconosciuto, fissato per le auto a 18.075 euro: un valore che, forse, poteva ritenersi congruo negli anni ’90, ma che di certo oggi si rivela insufficiente per la maggior parte delle esigenze aziendali, alla luce soprattutto del mutato potere d’acquisto.
Altro tema «caldo», il limite di deducibilità dei costi, che attualmente è del 40%: una percentuale inadeguata, sostengono gli economisti della Sda Bocconi, specie per i professionisti che hanno in carico un solo mezzo o per le aziende che mettono l’auto a disposizione dei dipendenti senza l’uso promiscuo. E, ancora, si chiede il passaggio dal 40 al 50% dell’Iva detraibile sugli acquisti, così come la modifica della durata minima dei contratti di leasing. «In Italia, l’auto aziendale vive sulla sua pelle una legislazione molto più penalizzante rispetto agli altri Paesi europei - aggiunge Castronovo -. Interventi su questo settore potrebbero portare una cospicua quota di domanda aggiuntiva strutturale. Gli attuali incentivi, invece, non fanno altro che anticipare la domanda: oggi ci sono, domani non ci sono più e il mercato crolla».
L’analisi commissionata da Bmw, però, non si limita al fronte della domanda. Vi si sottolinea, infatti, come per invertire la flessione del settore serva anche agire a favore dell’offerta. Per esempio, di quelle 4mila piccole imprese concessionarie che costituiscono la rete distributiva nazionale. «Se vengono abbandonate a se stesse - osserva Castronovo - il rischio è quello di vedere sgretolarsi gran parte dei 150mila posti di lavoro che hanno creato. E non dimentichiamo che per questi dipendenti non esistono ammortizzatori sociali». Ma come si può intervenire efficacemente su questo comparto? «In modo abbastanza semplice - conclude Castronovo -: tutti sappiamo che un imprenditore chiude non perché fa due o tre bilanci in rosso e perde soldi, ma perché, anche soltanto per sei-nove mesi, non ha abbastanza liquidità. In più, conosciamo bene il problema tipico dell’auto, che è quello di un forte indebitamento.

Di conseguenza, qualsiasi misura che faciliti lo spostamento del credito da breve a medio-lungo, per esempio tramite una fiscalità agevolata o tassi d’interesse agevolati, garantirebbe al sistema distributivo l'ossigeno necessario per guardare oltre questa crisi».

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