Cronache

Fischi e insulti a Franceschini una scusa per il comizio finale

Fischi e insulti a Franceschini una scusa per il comizio finale

A mezzogiorno serve le trofie, all’ora dell’aperitivo si improvvisa «show man». Sa un po’ di costruito la giornata che ha concluso la festa democratica di Genova con il segretario autore di un colpo da teatro per riuscire nell’intento di chiudere la festa con un comizio. Aveva promesso di non farlo per rispetto a chi gli contende la poltrona più alta del partito, ma poi si è preso la scena e quel comizio lo ha fatto lo stesso. «Mi ha chiamato la gente» si giustificherà con Bersani e Marino anche se già ieri sera Filippo Penati (Bersani) ha ribadito che la scelta di non parlare è stata presa dall’ex vice Veltroni in autonomia.
La gente che ieri pomeriggio dalle 5 si era accalcata fuori dal salone dei dibattiti del Porto Antico e dopo quaranta minuti di attesa ha cominciato a chiedere spiegazioni sul perché Franceschini non arrivasse. Erano di Bergamo, Vicenza, Livorno, Torino. Non solo genovesi. Quando la gente ha capito che il LeggenDario non avrebbe parlato perché così aveva deciso, ha cominciato a rumoreggiare tanto da far scattare il vicepresidente della Regione Massimiliano Costa e il presidente della Provincia di Genova Alessandro Repetto (suoi sostenitori al congresso) nella sala Nautilus dell’Acquario dove Franceschini ha parlato alla stampa. «Questa gente è venuta per te, se non scendi giù, al congresso mica ti votano» è stato il messaggio lanciato al segretario del partito da parte dei due esponenti genovesi. Rapida consultazione con il responsabile della festa Lino Paganelli, una passeggiata per piazza Caricamento poi i due si separano. Franceschini scompare in Sottoripa, Paganelli affronta la folla: «Il segretario conferma che non parlerà - dice Paganelli-. Lo aveva detto due giorni dopo l’inizio della festa, ci dispiace non avervi comunicato bene la sua volontà».
Partono fischi, insulti e cori di «buffoni, buffoni» dalla platea, mai così piena in questi 15 giorni. Sergio Cofferati, candidato alla segreteria ligure per la mozione Franceschini è ai piedi del palco e raccoglie le «lamentele» dei militanti. «Non si fa così, ci prendete in giro», «Siete dei buffoni, siamo venuti qui per sentire il segretario. Dov’è?», «Meglio che non si faccia vedere, ha già vinto Bersani». Fino al corpo a corpo con un militante: «Non ci prendete per il c..., siamo arrivati qui da tutta Italia. Cosa fate? Cinese, tu sei un nostro mito, non sparare cazz.... Fallo tu il comizio di chiusura non deludere tutta questa gente». Mentre le persone incalzano, però, ecco apparire Franceschini. Chi si aspetta applausi rimane deluso: fischi anche al suo arrivo e gente che dalla base del palco si lamenta per il suo comportamento.
Dario prende il microfono, chiede di poter spiegare senza essere insultato. Abbozza un chiarimento sulla scelta di non parlare, poi però gli scappa il microfono e via. Mezz’oretta di discorso da segretario: su scuola, crisi economica, misure del governo insufficienti, il controllo dei media nelle mani di Berlusconi con qualche stoccata anche su come dovrà essere il Pd: no ad alleanze sullo stile dell’Unione e nessuno chieda ai democratici di arrivare da soli al 51 per cento.

Riprendendosi gli appalusi. Ma non doveva essere solo un saluto?

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