da Roma
L’inflazione torna ad azzannare i portafogli degli italiani, raggiungendo i massimi degli ultimi tre anni e mezzo: in novembre, ci dice infatti l’Istat, i prezzi sono aumentati al ritmo del 2,4%, contro il 2,1% di ottobre, soprattutto a causa di forti rialzi nei settori alimentare ed energetico. Su base mensile, cioè rispetto ad ottobre, i prezzi sono aumentati dello 0,4%.
La fiammata dell’inflazione italiana trova riscontro nel resto di Eurolandia: nei tredici Paesi a moneta unica la tendenza dei prezzi ha raggiunto il 3% contro il 2,6% di ottobre. L’inflazione della zona euro arriva così al massimo dal maggio 2001, quando aveva toccato il 3,1%.
«Oltre la metà dell’aumento complessivo deriva dall’incremento dei prezzi alimentari e dell’energia», afferma l’Istituto di analisi economica (Isae). In effetti, i prezzi alimentari sono aumentati del 3,7% su base annua, con un picco per quanto riguarda generi di primissima necessità come il pane (+12,4%) e la pasta (+7,7%). Per quanto riguarda l’energia, l’incremento dei prezzi su base annua è stato pari al 5,1%, con la benzina che ha fatto segnare un +9,8% e con il gasolio auto che ha toccato un +11,2%. Gli aumenti riguardano, comunque, tutti i settori, con l’esclusione delle comunicazioni, i cui prezzi fanno segnare un calo dell’8,1%. Per le associazioni dei consumatori, i rincari degli alimentari peseranno per 400 euro l’anno sui bilanci delle famiglie italiane.
Se l’incremento dei prezzi energetici è diretta conseguenza di un barile di petrolio che sfiora il record dei 100 dollari, sulla questione degli alimentari non c’è uniformità di vedute. La Confederazione italiana agricoltori sostiene infatti che il caro alimenti, soprattutto per quanto riguarda pane, pasta e ortofrutta, è «del tutto ingiustificato, visto che nel settore dei cereali le quotazioni sono ora diminuite fino al 30%». Per gli agricoltori, dunque, siamo in presenza di «pura speculazione» che avrà effetti negativi sui consumi degli italiani. Secondo la Federalimentare, invece, gli aumenti di prezzo sono legati «esclusivamente ai rincari delle materie prime» come i cereali, aumentati del 60%. La Confesercenti aggiunge che i costi per i panificatori sono tutti cresciuti, a cominciare dall’energia. Per la Confcommercio, la distribuzione italiana non ha colpe nell’aumento dei prezzi, che è generalizzato in tutta Europa.
Le tensioni sull’andamento dei prezzi preoccupano, sia a livello nazionale che a livello europeo. La previsione di economisti e uffici studi è che l’inflazione non si fermerà qui, ma subirà nei prossimi mesi una ulteriore accelerazione. Secondo l’Isae, «all’inizio del 2008 la dinamica inflazionistica potrebbe risultare ancora in aumento». Il picco, per quanto riguarda l’Italia, potrebbe arrivare in gennaio con un +2,7%. L’intero 2008 dovrebbe vedere il tasso d’inflazione ben oltre il 2%.
Ma a preoccupare un po’ tutti è, in particolare, la dinamica dei prezzi di Eurolandia: siamo infatti arrivati a un punto percentuale in più rispetto al limite di riferimento della Banca centrale europea, che è il 2%.
Il rischio di un aumento dei tassi d’interesse, magari non nella prossima riunione di giovedì 6 dicembre, ma in quella di gennaio si fa concreto. Intanto la Bce si prepara a ridurre drasticamente le stime di crescita europee per l’anno venturo.
Il timore di una stretta monetaria sommata a una frenata dell’economia viene espresso con chiarezza da Luca di Montezemolo: «Tremo all’ipotesi di un aumento dei tassi d’interesse, con il debito pubblico che abbiamo», commenta il presidente della Confindustria.
E non lo consola il fatto che la nostra inflazione, come ricorda il ministro Pierluigi Bersani, è fra le più basse di Eurolandia.
«L’inflazione mi preoccupa perché è un’inversione di tendenza su un dato che ci eravamo quasi dimenticati - osserva Montezemolo - e, nel caso di un rallentamento economico generalizzato, l’Italia rischia di pagarlo molto caro».