Tranquilli. Nessuno finirà sulla sedia elettrica. Anzi, sembra addirittura che nessuno finirà mai sotto processo. Spie per ridere, o semplicemente «in sonno», o solo «aspiranti», non si capisce bene. Quello che si capisce è che rischia di virare nel grottesco la storia delle dieci spie russe arrestate nei giorni scorsi negli Stati Uniti (una undicesima, fermata a Cipro, è scomparsa nel nulla). Niente a che vedere con Julius ed Ethel Rosenberg, la coppia di ebrei americani che il 19 giugno del 1953, in piena Guerra Fredda, finirono sulla sedia elettrica accusati di aver passato allUnione sovietica, quando la Russia si chiamava ancora così, «importanti» segreti sulla bomba atomica. Non era vero neppure in quel caso, come rivelò 13 anni fa, dopo cinquanta di assoluto silenzio, lex colonnello del Kgb Aleksander Feliksov. Se Julius Rosenberg era «una spia di serie B», per dirla col colonnello Feliksov, figuratevi la bella Anna Chapman, 28 anni, master in Economia, presa a Manhattan dove inventava ogni volta mestieri diversi e sfarfallava tra un cocktail e laltro a caccia di finanzieri e di notizie ghiotte che mai trovò.
Insomma, come scrive il New York Times, le dieci presunte spie avevano tutto quel che serve per recitare la parte di 007: avevano gli equipaggiamenti sofisticati; avevano una approfondita conoscenza della cultura e della società americana; i documenti (finti) in perfetta regola e una splendida doppia vita per coprire le loro vere identità. Una cosa gli mancava. Una cosa disgraziatamente piuttosto necessaria per aspirare alla qualifica di spia: le informazioni top secret da soffiare a Mosca.
Sicchè alla fine, se le anticipazioni del Times si riveleranno corrette, anche il finto Donald Heathfield e la moglie Tracey Folley, lui consulente e lei agente immobiliare, coppia perfetta assai stimata dai vicini, si riveleranno una specie di assai scialba copia dei Rosenberg, i quali se non altro (se anche non ebbero mai informazioni serie sulla Bomba) qualche segreto industriale lo passarono. Questi, invece, niente di niente. Secondo i dati raccolti dallFbi, la missione delle presunte spie era quella di cercare e costruire contatti in alcuni circoli politicamente influenti: finanzieri, grandi costruttori, avvocati e commercialisti di grido. Niente di più di quel che fa un bravo cronista a caccia di notizie. «Unattività che può essere svolta con maggiore efficacia» nota difatti con una punta di sarcasmo il New York Times, «navigando in Internet». E come precisano alcuni funzionari del Federal Bureau, nessuna delle persone coinvolte nel caso rischia lincriminazione per spionaggio perché mai in questi anni sono stati sorpresi mentre trasmettevano informazioni classificate a Mosca. Piuttosto verranno ricordati per le loro gaffe: Tracey Lee Ann Foley, 47 anni, si spacciava per agente immobiliare in Massachusetts: diceva di venire da Montreal, Canada, ma aveva un accento più francese di Catherine Deneuve. Si spiega dunque il clima di serenità ritrovata nei rapporti fra Washington e Mosca; rapporti che si erano improvvisamente arruffati laltro ieri, dopo la clamorosa esplosione del caso. «Notizie improprie e prive di fondamento», avevano sparato da Mosca, mentre Vladimir Putin aveva accusato la polizia americana di essere «fuori controllo». Del resto, sia il presidente Usa Obama che quello russo Medvedev hanno più volte ribadito il forte legame che unisce i due Paesi. Né sarà un caso che Obama, il quale sapeva degli arresti prima dellincontro con Medvedev, si è ben guardato dal farne menzione nel colloquio.
Peccato, perché un ritorno al clima eccitante della Guerra Fredda, condito stavolta da femmine fatali che volteggiavano tra i canapè della haute newyorchese, aveva già fatto fremere deccitazione più di un autore di spy stories, drammaticamente a corto di canovacci.
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