Politica

Floris: «Il Polo ha vinto a Cagliari perché ha saputo parlare alla gente»

Il sindaco: «Apprezzato il nostro lavoro. I cittadini hanno scelto il centrodestra al di là delle opinioni politiche»

Vincenzo Pricolo

da Milano

«I cittadini hanno apprezzato il nostro lavoro, indipendentemente dalle opinioni politiche. Abbiamo avuto ottimi risultati anche nei quartieri popolari». Così Emilio Floris, sindaco riconfermato di Cagliari, commenta la sua rielezione al primo turno nel quale ha conquistato il 53,6 per cento dei voti. Il suo avversario del centrosinistra, l’esponente della Margherita, Gian Mario Selis, si è fermato al 38,7 per cento.
Medico e imprenditore sanitario, 62 anni, Floris è entrato in politica nel 1994. Sindaco di Cagliari dal 2001, si appresta a iniziare il suo secondo mandato alla guida di una maggioranza della quale fanno parte, oltre a Forza Italia (che ha incassato il 18,3 per cento dei voti), An (6,8 per cento) e Udc (8,6 per cento), anche i Riformatori sardi (9,9 per cento), la lista Floris (3,7 per cento) e altre due formazioni locali che insieme hanno superato il 7 per cento.
Sindaco, la campagna elettorale per il Comune si è sovrapposta in parte con quella per il governo nazionale. Non crede che il voto locale possa essere stato influenzato anche dalle prime mosse del nuovo esecutivo?
«L’incertezza determinata dagli annunci su possibili manovre correttive e dal rischio di nuove imposte ha senz’altro preoccupato i moderati. E anche la cosiddetta tassa regionale sul lusso, che potrebbe avere conseguenze negative sull’economia dell’isola, può avere pesato sul voto dei cagliaritani».
Come giudica il suo avversario?
«Selis non ha centrato la campagna elettorale. Ha fatto una propaganda aggressiva, ha continuato a dire “in cinque anni non è stato fatto nulla”. Ma gli elettori vivono la città e possono giudicare di persona le affermazioni dei candidati».
E come giudica il forte calo dei votanti? Nel 2001 andò alle urne il 79,7 per cento degli elettori, l’11 e il 12 giugno il 67,5 per cento.
«Cinque anni fa votammo in maggio, stavolta in giugno; più si avvicina l’estate meno la gente vota. Poi ci sono state le elezioni politiche e infine l’esclusione di alcune liste, ricorsi, appelli, rinvii, ripescaggi e nuovi rinvii. Si poteva votare il 4 e il 5 giugno ma il presidente della Regione ha scelto l’11 e il 12. Non è tempo di polemiche ma la vicenda poteva essere gestita in modo diverso».
Lei amministra con il centrodestra il Comune capoluogo di una Regione guidata dal centrosinistra. Come sono i rapporti fra le due istituzioni?
«Si può fare di meglio ma li considero corretti. Il dialogo è ostacolato dal fatto che il governatore vorrebbe essere anche il sindaco di ciascun Comune della Regione. Comunque, niente di drammatico. Per ora. Il fair play istituzionale per la Sardegna è importantissimo perché le questioni legate ai collegamenti marittimi e aerei, la cosiddetta continuità territoriale, possono essere affrontati solo con l’impegno sinergico di tutti gli enti che hanno competenze su trasporti e infrastrutture».
Quali sono le più importanti realizzazioni della giunta che ha guidato dal 2001?
«Abbiamo valorizzato le periferie. E con il lungomare, che Cagliari non aveva, abbiamo recuperato il rapporto con il mare».
Quali, invece, i problemi più gravi fra quelli rimasti irrisolti?
«Il partimonio immobiliare pubblico va modernizzato e vanno realizzate nuove abitazioni di edilizia convenzionata. Se Cagliari continua a spopolarsi aumenterà il divario fra il numero degli abitanti e quello delle persone che ogni giorno usufruiscono della città».
E i punti di forza sui quali costruire il futuro di Cagliari?
«La città ha le potenzialità per diventare una delle capitali del Mediterraneo e candidarsi per ospitare aziende e centri di ricerca che vogliono delocalizzarsi: ha un bel centro storico con molti monumenti e quartieri con tanto verde.

L’Università può e deve diventare davvero internazionale e il turismo, culturale, congressuale, fieristico e nautico, può crescere».

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