Foibe, la lettera dell’antifascista che fa vergognare la sindaca

(...) Solo chi è affetto da straordinaria partigianeria e pregiudizio ideologico può non dire con chiarezza che le decine di migliaia di giuliano dalmati infoibati e massacrati per la sola colpa di essere italiani sono vittime innocenti della pulizia etnica messa in atto dalle bande partigiane titine». Piuttosto Plinio, che da presidente del consiglio regionale con la giunta Biasotti iniziò la tradizione dei viaggi alle foibe per i ragazzi delle scuole liguri, oggi propone che il Comune di Genova intitoli una via a Norma Cossetto, giovane studentessa istriana seviziata ed infoibata da miliziani comunisti slavi nel 1943. Una vittima cui il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi conferì, nel 2005, la medaglia d'Oro al Valor Civile per la sua luminosa testimonianza di coraggio e amor di Patria. A «respingere al mittente le vergognose parole di Marta Vincenzi» è anche Mario Troviso a nome di Forza Nuova.
Ma soprattutto Genova è invitata a recuperare il tempo perduto. Ormai accerchiata com’è, dal resto delle amministrazioni liguri. Anche la Provincia di Savona, infatti, stigmatizza la figuraccia di Marta Vincenzi: «Dal 2004 lo Stato si è dato una legge che ci consentirà di non avere più paura di ricordare - incalza il presidente Angelo Vaccarezza -. Una paura, ahimè, che, come si evince dalle parole del sindaco di Genova Marta Vincenzi ancora oggi soggioga e condiziona la storia ad un pregiudizio politico ed ideologico che si rifiuta di vedere la realtà». L’intervento di Vaccarezza è se possibile ancora più al di sopra di ogni sospetto se si pensa che lui stesso, come vicesindaco di Loano, più di 15 anni fa, propose e ottenne di intitolare una via ai martiri delle foibe. «Loano fu quindi la prima città italiana a compiere questo doveroso gesto verso tutti coloro che sono stati perseguitati e uccisi - ricorda -. La via scelta congiunge, non a caso, tre strade ed una piazza dai nomi significativi: Corso Europa, Via Trento e Trieste, Piazza Mazzini e Corso Roma. Allora la tragedia delle Foibe e il dramma dell'esodo istriano dalmata non erano ancora riconosciuti come uno dei momenti più bui della nostra storia».
Ma la condanna più secca a chi ancor oggi parlando delle foibe prova comunque a mettere qualche «se» e qualche «ma» per attenuare la barbarie comunista, la pronunciò proprio prima di essere fucilato e infoibato, un giovane padre di famiglia italiano. Un tenente dell’esercito e capo della lotta partigiana dell’isola di Cherso. La storia e le parole di Stefano Petris sono ricordate oggi da Mario Bozzi Sentieri.
Petris, combattente contro i tedeschi prima e i partigiani di Tito poi, scrisse alla madre prima di essere fucilato l'11 ottobre 1945, a guerra finita: «Muoio per la mia Patria, muoio per l'Italia, muoio per l'italianità dell'Istria e della nostra isola. Non piangere per me. Non mi sono mai sentito così forte come in questa notte d'attesa, che è l'ultima della mia vita. Siamo migliaia d'Italiani, gettati nelle foibe, trucidati e massacrati, deportati in Croazia, falciati giornalmente dall'odio, dalla fame, dalle malattie, sgozzati iniquamente. Se il Tricolore d'Italia tornerà, come spero, a sventolare anche sulla mia Cherso, bacialo per me, assieme ai miei figli». E chiuse la lettera con una poesia, Il dramma delle Foibe: «In poche parole spiego gli errori degli uomini che fanno politica e guerra sulla pelle d'innocenti... Le mattanze continuamente per interesse di potere avvengono ancor oggi...

fin quando il Dono di Dio, la Riflessione, l'Anima, l'uomo non lo pone al centro del proprio Universo il male prospererà e gli eccidi continueranno ad esserci... Ciao e grazie a chi legge... Amore». Non era un fascista. Non era un razzista. Non era un assassino. Era un italiano. Non meritava di essere «contestualizzato» dal sindaco di Genova.

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