Politica

«Follini sembra Martinazzoli, spiazzato dal sistema di voto»

Anna Maria Greco

da Roma

Ma è Follini che ha abbandonato l’Udc, oppure è il partito che ha abbandonato il suo leader? Francesco D’Onofrio, capogruppo centrista al Senato, evita una risposta secca, ma sottolinea che questa è la domanda più seria. E spiega. «La maggioranza del partito ritiene che la nuova legge proporzionale sia una svolta storica, epocale. Lui, invece, la considera assolutamente insoddisfacente. Una divergenza così non è sanabile. Ho lavorato molto perché Follini non lasciasse, parlando con lui fino alla sera prima della Direzione. Ma ho capito dalla sua relazione che le dimissioni erano indispensabili. E ora non vedo grande emozione nella periferia del partito, perché per i nostri la riforma elettorale è davvero molto importante».
Vuol dire che Follini era isolato, nell’Udc?
«Mi ricorda Martinazzoli che nel ’93 ha sottovalutato le conseguenze del sistema maggioritario, che poi ci sono state. Mi meraviglia che lui non dia a questa riforma il suo giusto peso: le divergenze si sono rivelate più radicali di quel che pensavo».
Non avete accettato un compromesso, come dice l’ex segretario non vi siete «venduti l’anima»?
«No, nel modo più assoluto. Abbiamo ottenuto quello che volevamo, che era nel nostro manifesto del 2002. A Palo Laziale c’eravamo tutti, Follini, Casini, Buttiglione, Giovanardi, Baccini e gli altri: eravamo d’accordo e lo abbiamo detto ufficialmente. Mentre con il maggioritario si sarebbe avuto lo scontro Berlusconi-Prodi, leader dei due poli, con il proporzionale ogni partito avrà il suo candidato e quindi diventa irrilevante la questione della leadership nella Cdl e ridicole le polemiche sulle primarie. Berlusconi non rappresenterà più tutta la coalizione ma Fi e per l’Udc entrerà in gioco Casini. La questione della leadership non viene archiviata, come impropriamente pensa Follini, ma cambia la natura della guida dello schieramento».
Che cosa succederà al prossimo Consiglio nazionale?
«Ci sarà un invito forte al presidente della Camera perché si candidi alla guida delle nostre liste in tutt’Italia. Avremo il nostro leader e, come dice Casini, si passerà dalla monarchia alla repubblica».
E chi guiderà il partito fino alle elezioni?
«La questione è marginale, sarà una reggenza temporanea che decideremo insieme».
La linea di Follini era quella di portare l’Udc al voto da sola?
«Non l’ha mai detto. Abbiamo affermato che saremmo andati da soli se costretti, se la coalizione non avesse approvato la riforma elettorale. Ma non lo siamo stati».
Il partito esce indebolito da questa vicenda?
«L’uscita di chiunque abbia un ruolo importante rappresenta un indebolimento. Ora sta in chi sostituirà Follini dimostrare che l’Udc è sempre forte. Non mi rammarico di aver tentato di dissuadere Marco: le sue dimissioni sono una perdita e un errore. Mi auguro che il partito riesca a rimarginare la ferita e a dimostrare che la legge proporzionale è una svolta radicale».
L’Udc ora non appare più ossequiosa al Cavaliere?
«C’è questo rischio, ma il danno all’immagine non è reale. Come dice Casini queste dimissioni sono una “drammatizzazione inutile” che avvalora la “rappresentazione di comodo di tanti media di un partito subalterno a Berlusconi”. Che sia vero lo escludo, l’importante è evitare questo rischio, con i fatti».
Per l’opposizione avete dimostrato solo il fallimento della Cdl.
«Non mi meraviglia che oggi l’Unione lodi Follini, come un tempo si lodava Gava. Durerà 48 ore».
In Senato si andrà a un nuovo scontro sulla riforma elettorale?
«Per me va bene la legge della Camera, ma se propongono modifiche accettiamo il confronto.

A patto che non ci sia l’inganno, solo per far saltare la legge».

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