Forcieri, il diessino che negli Usa vota Berlusconi

Ferruccio Repetti

I giudizi sulla visita di Silvio Berlusconi al Congresso americano - «un momento importante per la politica estera italiana, al di là dei tentativi di strumentalizzazione» - hanno fatto molto rumore a sinistra, la sua parte politica. Ma che Lorenzo Forcieri, 56 anni, senatore di Sarzana, non fosse un diesse molto docile ai diktat del Botteghino, i compagni e soprattutto i vertici del partito se n’erano accorti da tempo, almeno dai giorni dell’intervento della Nato in Kossovo. All’epoca lui se ne uscì - dice la leggenda mai negata - col botto: «Ci vado io a bombardare. Mettetemi sull'aereo, che ho già la tuta addosso». Vero o verosimile che fosse, l’aneddoto ha fatto riflettere sulla determinazione del personaggio che, nel seguito, non si è mai smentito, anzi ha aggiunto motivi per farsi classificare atipico fino a diventare scomodo. Eletto quattro volte a Palazzo Madama, è stato reinserito in lista, anche se in posizione di retroguardia, per il 9 aprile, sulla spinta della mobilitazione - e questo non è piaciuto granché ai designatori del Botteghino romano - dei suoi «grandi elettori»: sindaci, assessori, amministratori locali dello Spezzino, che hanno firmato petizioni, formulato istanze, raccolto firme, e infine minacciato addirittura dimissioni in massa se il «loro» uomo non fosse stato ricandidato. Lui, di suo, ci ha messo il peso delle esperienze maturate: fra l’altro, presidente della Delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare Nato, questore del Senato, membro della commissione permanente Difesa, e, ancora prima, componente della commissione d’inchiesta sul terrorismo in Italia e relatore su alcune delle più scottanti iniziative di legge in materia di sicurezza, missioni internazionali, ruolo delle forze armate.
In ogni caso, pare che Forcieri abbia strappato una promessa: se non resta a Roma come senatore, ci resta - sempre che vinca l’Unione - come sottosegretario. Alla Difesa, naturalmente, il suo campo d’azione consolidato, quello in cui si muove con dimestichezza. Il suo intervento, sinergico a quello del ministro delle Attività produttive Claudio Scajola, per sbloccare la realizzazione, da parte di Fincantieri, delle fregate multiruolo Fremm, i suoi contatti con l’Arsenale della Spezia, con l’Oto Melara (costruzione di sistemi d’arma) e con gli ambienti militari in genere, fanno parte di quella sorta di «patrimonio» di cui la Quercia s’è accorta di non poter rinunciare a cuor leggero. Tanto da dover accettare Forcieri, senza troppo entusiasmo, come ministro-ombra della Difesa. L’entusiasmo non è certo cresciuto dopo le dichiarazioni sulla visita del premier a Washington. «Ma la mia critica sulla politica di Berlusconi, in particolare sulla sua politica estera, non cambia - insiste Forcieri -. Ci ha allontanato dal resto dell’Europa. E più Europa non significa meno America». Ma l’antiamericanismo di tante parti del centrosinistra no, non va bene: «Il centrosinistra - aggiunge il senatore diessino, scandendo le parole - deve guardarsi dal commettere due errori.

Il primo è quello di considerare la visita americana come una manovra elettorale, il secondo sarebbe quello di non contrastare a sufficienza, con la forza degli argomenti, quei rigurgiti di antiamericanismo di maniera che di quando in quando affiorano da alcuni settori della coalizione. Le fratture fra Europa e America - conclude Forcieri - provocherebbero gravi conseguenze». Troppo difficile, forse, da capire per chi si preoccupa innanzi tutto di blandire i noglobal.

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