Forlanini: abbattuto il «muro di Berlino» da mezzo milione

Il soprannome che gli avevano affibbiato medici e infermieri era significativo, diceva già tutto. Lo chiamavano «muro di Berlino» quel pugno nell’occhio a base di cemento piazzato nel bel mezzo del polmone verde del Forlanini. Ma almeno, per abbatterlo, c’è voluto meno del celebre omonimo tedesco: qualche mese, giusto il tempo di costruirlo e di scialacquare un mucchio di soldi con una delibera gonfia di punti di domanda. Fino alla marcia indietro, all’accusa di abusivismo, al nastro riavvolto tra Natale e Capodanno, per non dare troppo nell’occhio, per sperare che la vicenda finisse lì, passasse sotto silenzio.
«E invece vogliamo capire fin nei dettagli come sia stato possibile questo vergognoso spreco», tuona il consigliere regionale del Pdl Massimiliano Maselli. Del pasticciaccio era stato informato nei giorni scorsi da alcuni dipendenti del nosocomio, prima dunque che fosse reso pubblico. E ora promette un’interrogazione urgente e la richiesta di un parere alla Corte dei Conti. Sul piatto, dice Maselli, ci sarebbero all’incirca 500 mila euro, senza contare gli esborsi per fare sparire la colata di cemento. Denaro pubblico andato in fumo, buttato via assieme ai calcinacci del muro che non c’è più e che, forse, non sarebbe mai dovuto esistere.
Tutto comincia nel luglio dello scorso anno, con una delibera proposta dall’Unità Ingegneria e che accorpa «l’esecuzione di lavori presso il padiglione cardiologico» con, appunto, «un muro divisorio interno». «Si parla - continua l’esponente del Pdl - di una somma urgenza che sinceramente non capisco, non giustifico. Le priorità in un’azienda ospedaliera mi sembrano decisamente altre». La delibera è approvata e il muro inizia a prender forma nello stupore generale, divorando un pezzo di verde del parco del Forlanini. Finché, il mese scorso, l’«Associazione Europa Insieme» scrive una lettera all’assessorato regionale all’Ambiente e alla Soprintendenza, in cui si legge che «quanto finora realizzato», cioè una base in calcestruzzo armato con corredo di recinzione metallica, «risulterebbe senza le prescritte autorizzazioni e nulla osta». Abusiva, insomma. Così pare e così è, visto che la direzione ordina il dietrofront che diventa esecutivo durante il periodo natalizio.
«Mi pare una vicenda allucinante: da una parte si dice che dobbiamo risparmiare per rientrare dal deficit e dall’altra si mette la firma su questi scempi. Non c’è rispetto per i malati», sintetizza Corrado Stillo, responsabile dell’Osservatorio per la tutela e lo sviluppo dei diritti dell’associazione Dossetti. «È l’ennesima prova che il Lazio, in questi anni, è stato amministrato in maniera scellerata.

In una regione seria il direttore generale e quello dell’unità d'ingegneria sarebbero stati mandati a casa», rincara la dose Maselli, che condisce il fatto con un altro dettaglio: «Al reparto rianimazione per shock e trauma del nosocomio aspettano da 3 anni un nuovo ecografo, quello a loro disposizione è obsoleto. Quando c’è di mezzo la vita della gente non riescono a essere tempestivi come lo sono stati quando si è trattato di costruire un muro inutile. Chissà perché». Misteri della sanità laziale.

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