Forlanini, uno strano risparmio

«Signori si chiude»: tra proteste e (come vedremo) scelte poco chiare, ma si chiude. L’assestamento di bilancio approvato dal consiglio regionale ha sancito il taglio di tre importanti ospedali romani: il San Giacomo, il Nuovo Regina Margherita e il Forlanini. Ed è soprattutto la vicenda di quest’ultimo che fa discutere. Perché tanti sono i pareri contrari alla delibera 2145 con cui il 27 ottobre 2006 l’azienda ospedaliera ha deciso il trasferimento dell’attività del nosocomio di Monteverde (destinato forse a diventare la nuova sede del Consiglio regionale) all’interno del San Camillo. Proteste che spaziano dalla mozione presentata in Campidoglio dal Pdl alle 45mila firme di cittadini consegnate al sindaco Gianni Alemanno.
Ma soprattutto, il caso Forlanini scotta per una serie di incomprensibili scelte della direzione generale (presieduta da Luigi Macchitella) del polo ospedaliero San Camillo-Forlanini arrivate dopo e nonostante l’ormai certa chiusura della struttura e in barba al piano di rientro dal deficit sanitario, come denunciato dal capogruppo regionale Fi-Pdl Alfredo Pallone attraverso un’interrogazione urgente.
Questi i fatti: secondo il piano aziendale del 2006 l’accorpamento di Forlanini e San Camillo dovrebbe tradursi in un risparmio di 21 milioni e 193 mila euro per le casse regionali. Eppure lo scorso 15 gennaio la stessa azienda ospedaliera ha indetto una gara (9 anni di durata) con una base d’asta di 24 milioni di euro annui - tre più di quelli che si risparmierebbero - per la riorganizzazione del Dipartimento Cardioscienze del San Camillo-Forlanini. Un investimento di lungo periodo, perché prevede l’allestimento delle seguenti attrezzature: 7 sale operatorie (4 per il blocco operativo cardiochirurgico); 3 sale operatorie per il blocco operativo cardiovascolare e 22 posti letto di terapia intensiva cardiochirurgia e vascolare. Una fornitura in global service che include inoltre il materiale specialistico e non relativo alle prestazioni assistenziali. Ma c’è altro: il 15 giugno scorso il San Camillo-Forlanini ha stipulato una convenzione con l’Azienda ospedaliera di Perugia - Ospedale Santa Maria della Misericordia per una consulenza per prestazioni di chirurgia vascolare. I costi? 275 euro lordi per 8 ore settimanali per una spesa di 57.200 euro.
Da qui l’interrogazione di Pallone, che chiede a Marrazzo (governatore, assessore della Sanità ad interim e commissario per il piano di rientro) spiegazioni sui «criteri economici che hanno ispirato una delibera con cui si ipotizzano 21 milioni di euro di risparmi e un’altra con cui si ipotizzano spese per 24 milioni; se e quale studio preliminare è stato effettuato dal Dipartimento di Cardioscienze per la rideterminazione dell’assetto logistico e organizzativo; quali criteri economici e organizzativi hanno ispirato la delibera 1115 del 5 giugno 2008», ovvero la consulenza affidata alla Asp perugina. «A causa delle sue gravi divisioni interne - denuncia il capogruppo regionale azzurro - con questo assestamento la maggioranza ha calato un maxi-emendamento che ha impedito ogni discussione. Abbiamo a che fare con improvvisatori che stanno giocando sulla pelle delle istituzioni e il caso Forlanini ne è l’esempio: ancora non sappiamo dove verranno trasferiti i reparti e il personale.

Nonostante il commissariamento della sanità i direttori generali fanno tutto tranne che seguire il piano di rientro dal deficit». Direttori generali che l’assestamento ha prorogato in carica fino al 2010, introducendo di nuovo la verifica semestrale. Altrimenti dovranno lasciare l’incarico, almeno così promette Marrazzo.

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