Roberto Formigoni, da presidente della Lombardia è soddisfatto del federalismo?
«Il testo sul federalismo regionale è migliorato, grazie al confronto tra Regioni e governo avvenuto questa settimana, ed è oggi molto più coerente con la legge delega. Per quanto riguarda i costi standard, il confronto non è avvenuto e questo è un vero peccato: bisognerà svilupparlo. Anche per quel che riguarda il federalismo regionale mancano i numeri».
Quali numeri avrebbe voluto vedere sullo schema di decreto?
«Le quantità, cioè quali sono i trasferimenti dei soldi, quale la quota che viene fiscalizzata, quali sono le compartecipazioni dei tributi, di che somme stiamo parlando. Manca la determinazione del fabbisogno economico, cioè quanti soldi deve avere ciascuna Regione per garantire ai cittadini i servizi. Si parla di servizi sanitari, ma nessun lavoro è stato fatto sulle prestazioni in campo scolastico, assistenziale e dei trasporti pubblici locali».
Che cosa si aspetta a questo punto dal governo?
«È una tappa importante ma siamo ancora lungi dal concluderla e dovremo lavorare insieme molto bene, perché il federalismo può essere la più grande riforma per il nostro Paese ma dobbiamo farla bene, perché malfatta sarebbe un disastro».
Quali ritiene che siano le caratteristiche di un federalismo ben fatto?
«La virtuosità è la principale caratteristica di un federalismo ben fatto. Per ora la valorizzazione delle virtuosità non c’è, non c’è un premio per la virtuosità ma solo qualche sanzione per chi ha sforato. La Lombardia, e mi auguro le altre Regioni, picchieranno i pugni sul tavolo per chiedere un premio alla virtù».
La Lombardia sarà la regione modello per la sanità. Che significa per i cittadini?
«Lo dicono tutti perché è la prima, quella con i conti migliori. Le Regioni modello, però, sembra che non saranno le prime tre più virtuose e questa è una stranezza. Mentre prima il concetto era chiaro: la prima, la seconda e la terza faranno da modello, adesso si dice due entro le prime cinque».
Le Regioni meridionali dicono che è un federalismo contro il Sud.
«Un federalismo ben fatto è destinato a servire sia il Nord che il Sud. Chiede a tutti una grande responsabilità e quindi le Regioni oggi in difficoltà sono le più spaventate, ma non hanno ragioni per esserlo, perché per i primi tempi sono previsti meccanismi di aiuto per loro, a patto che imbocchino il cammino della virtuosità».
Il trasferimento dell’Iva, che agevola le Regioni più ricche, non è un premio alla produttività?
«Ci sono meccanismi compensativi. Io dico: sono giusti i meccanismi compensativi, ma non possono annullare tutto, perché se tutto rimane come prima che cambia?».
La Lombardia abolirà l’Irap?
«Un momento. Oggi l’Irap finanzia la sanità. Se ci danno un’altra tassa, aboliamo l’Irap, ma altrimenti come facciamo? Se la sanità costa 105 miliardi, anche se le imposte sono sul territorio, devono essere 105 miliardi. È chiaro che avendo un’autonomia, dovremo incominciare un cammino di maggiore virtù».
Il federalismo dà la possibilità di introdurre il quoziente familiare. Una svolta determinante?
«Certo, ci viene detto che possiamo utilizzare il quoziente familiare ma il problema sono sempre i numeri. Ci vengono date risorse in più per le famiglie? In contemporanea con il federalismo, noi abbiamo bisogno di più risorse che ci sono state tolte con la manovra di luglio, che abbiamo definito irricevibile. Il governo ha accettato il confronto e il clima si è fatto sereno, ma stiamo ancora scalando la montagna».
Nessun rischio di aumento delle tasse locali?
«Vanno raccordati i decreti sul federalismo regionale con quelli sul federalismo comunale.
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