Dura esser figlio darte, ma ancor più dura se vai a prendere il posto di papà nella band in cui lui è stato un mito. Ma Oliver Wakeman, 37 anni, questanno si è seduto sfrontatamente dietro le tastiere che furono di messer Rick (piaccia o no il suo stile era ed è un grande organista) riprendendone senza problemi il repertorio.
Nessun complesso nei confronti di papà?
«Non ci penso, io ho fatto il mio percorso formativo in tempi diversi. Quando gli Yes incisero Fragile non ero neppure nato».
Quindi è lontano dallo spirito originale del gruppo.
«Credo che così ci sia il giusto equilibrio tra presente e passato e la voglia di buttarsi nel futuro».
E papà cosa dice?
«Mi ha dato la sua benedizione, è contento. Ma prima o poi anche lui tornerà con gli Yes, ora non è in buona salute ma son sicuro che tornerà».
È stato raccomandato per entrare negli Yes? Come è successo?
«Steve Howe lo conoscevo bene; aveva suonato la chitarra in un mio album e io avevo lavorato in uno dei suoi. È stato tutto molto naturale; Steve Howe mi ha telefonato dicendomi: andiamo in tour e ci piacerebbe che tu fossi della partita. Ho accettato al volo, ma prima ho chiamato papà, per sentire se avesse qualche obiezione, e chiesto agli altri membri per non rovinare un equilibrio naturale».
Il tour mondiale sta andando bene.
«Perché gli Yes sono un gruppo aperto e creativo; lo stesso brano non è mai uguale e il mio approccio ai classici è più libero. Così in concerto cè la tradizione degli Yes ma anche attualità e fantasia».
Quali sono gli artisti che lhanno influenzata di più?
«Tutti penseranno papà, ma lui mi ha influenzato in un altro modo anche perché abbiamo vissuto a lungo lontano. Jon Lord dei Deep Purple è uno dei tastieristi che mi ha più colpito. Io cerco e spero di avere uno stile personale».
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