Caro Granzotto, concesso che non fanno difetto argomenti di grande interesse sia di cronaca che politici atti a tener desta lattenzione della pubblica opinione, non trova un po strano il silenzio calato sulla disastrosa situazione economica di Sorella Grecia? Il Paese è sullorlo di una bancarotta che inevitabilmente coinvolgerebbe gli altri membri dellUnione europea e nello specifico quelli delleurozona. Se si aggiunge che caduta la Grecia toccherebbe immediatamente a Sorella Spagna a dichiarare forfait e dopo la Spagna il Portogallo e dopo il Portogallo lIrlanda, la situazione può ben definirsi drammatica. È per carità di patria comune, per tener alto lo spirito europeista che viene sottaciuto il dramma? O è per non riconoscere che leuro non è poi stata questa grande idea?
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Direi buona la seconda, caro Davoli: lo spirito europeista al quale lei accenna è da quel dì che sè affievolito (salvo in certe sacche di capatosti «sinceri democratici» devoti di San Romano Prodi). Non che la disastrosa situazione della Grecia non getti ombre sinistre anche sulla fin troppo vantata saldezza dellimpianto europeistico. O non ridicolizzi il pensiero europrodiano secondo il quale i membri dellUnione, affratellati dal Trattato di Maastricht e messi in riga dai suoi gloriosi parametri, non avrebbero più avuto né la tentazione né loccasione di amministrare la cosa pubblica senza quel rigore, senza quelletica di bilancio che è proprio delle nazioni virtuose e dunque «europee». Ma chi da questo pasticcio ne viene veramente fuori con le ossa rotte è leuro. Il quale, stando alleurotrionfalismo, avrebbe proprio dovuto evitare casi come quello della Grecia, impossibili, si diceva, perché scongiurati dallarmonizzazione monetaria. Sta avvenendo invece il contrario: in luogo di rappresentare lantibiotico, leuro agisce da agente patogeno propagando il morbo allintera Eurolandia, cominciando dalle economie meno salde in salute. E infatti una delle vie duscita prese in considerazione per evitare alla Grecia la bancarotta è quella di un suo lesto ritorno alla dracma. Svalutandola poi quel tanto che basta, Atene riequilibrerebbe i propri conti senza troppi sconquassi interni e onde durto esterne. Unipotesi, però, che fa venire i sudori freddi allareopago europeista, e si può capire il perché. Le alternative sono due: il ricorso al Fondo monetario internazionale e la colletta fra i Paesi delleurozona per mettere insieme quei 20 miliardi necessari alla Grecia per onorare i suoi bond in scadenza a maggio. Alla prima opzione si oppone lorgoglio europeistico. Alla seconda non ci sono controindicazioni se non la comprensibile riluttanza a sanare, con denaro buono, denaro dei contribuenti, le furbate e le imprudenze di Sorella Grecia, come lei, caro Davoli, brillantemente la definisce.
Staremo a vedere, ma comunque vada sarà leuro a farne le spese. Dopo aver dato non pochi dispiaceri ai consumatori che si sono visti dimezzare dalloggi al domani il potere dacquisto dei propri stipendi e risparmi, si ritrova infatti sotto attacco della speculazione globale. Manifestando una vulnerabilità categoricamente esclusa dagli ostetrici che ne favorirono il parto. «Gli hedge funds continuano a scommettere contro leuro», titolava giorni fa il Wall Street Journal, autorevole per antonomasia. Bruttaffare, caro Davoli.
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