Fossano (Cuneo) - Caro presidente Napolitano, mi rivolgo al padre di tutti quanti gli italiani, come giustamente ami raccontarti. Mi rivolgo al padre severo e autorevole, ma sensibile e compassionevole. Soprattutto, mi rivolgo al padre che rivendica orgogliosamente di non avere figli e figliastri. Ho qui vicino a me, nel centro di Fossano, un giovane uomo di 38 anni. Il suo nome è Paolo Costamagna. Dovrebbe dirti qualcosa, tutto sommato, perché la sua firma compare in fondo a una lettera accorata che ancora aspetta una tua risposta, o anche solo un «crepa».
Te l'ha scritta nello scorso autunno, non certo per pietire vantaggi personali, ma per sottoporti la storia di cinque suoi coetanei, cinque quarantenni italiani, giovani mariti e padri di famiglia, saltati per aria in un torrido pomeriggio di luglio, non in una fonderia o in una fabbrica di botti, ma in un vecchio mulino che da mezzo secolo produce farine. Si chiama Molino Cordero, dice niente questo nome? Per un misterioso e inspiegabile gioco del destino, la tragedia avviene diversi mesi prima del caso Thyssen, ma ne ricalca atrocemente i contorni. Lavoratori che mandano avanti la famiglia sudandosi il milione e tre di stipendio. Lavoratori amici tra loro, formando come una famiglia supplementare (in tutto sono ventidue: per fortuna, nel giorno fatale, diversi sono in ferie e altri stanno dentro gli uffici). Lavoratori che in un attimo vengono investiti dal botto atomico del Molino, lavoratori che corrono fuori dalle fiamme sfigurati per le ustioni. Lavoratori che poi, purtroppo, tornano al Creatore in ordine sparso, a uno a uno, con decessi e funerali diluiti nel giro di settimane, seminando strazio e pianti nei diversi villaggi del circondario…
Sì, sembra un anticipo esemplare della tragedia Thyssen. Tutto uguale, lungo una Via crucis di giovani vedove e piccoli orfani. A essere ben diverso, a scatenare un dolore più tossico, è il seguito. Per gli eroi Thyssen, cortei e interrogazioni parlamentari, Porte a porte e indignazioni, sottoscrizioni e documentari. Per Fossano, amnesia generale. Fossano dove, Fossano cosa? Mentre guardiamo il caseggiato del Mulino Cordero sventrato per metà, come colpito da un razzo intelligente durante la Guerra del Golfo, il giovane signore che ti ha scritto e che ancora aspetta una risposta scuote il capo. Caro presidente, vedessi il suo garbo, la sua compostezza, la sua dignità. Questo italiano è molto lontano dagli sguaiati connazionali che si collegano in diretta dalle piazze di mezza Italia, lanciando insulti ai politici e mandando al diavolo lo Stato. Tu pensa: lui, dello Stato e delle istituzioni, parla con riconoscenza. «La Provincia di Cuneo e la Regione Piemonte non hanno abbandonato Fossano. Dobbiamo solo dire grazie...».
Parla da posizione disinteressata, perché in questa vicenda non ha perso nulla di personale: soltanto, sua moglie è un'analista del Mulino, una di quelle scampate al massacro perché al momentodel botto stava negli uffici. Da quel giorno, però, non è più riuscita a darsi pace: continua a rivedere i suoi amici, così com'erano una volta, e soprattutto continua a vedere dal vivo le loro mogli e i loro figli. Col passare del tempo, però, lei e gli altri scampati si sono accorti che l'Italia voltava le spalle a questi morti. E allora con gli altri sedici miracolati ha deciso di fondare un' associazione, la «16 luglio 2007, per non dimenticare», chiedendo proprio al marito, questo giovane signore che adesso sta qui al mio fianco, affacciato sulle macerie, di fare il presidente.
«Non so perché l'hanno chiesto a me: forse, perché in passato sono stato assessore… ». Caro presidente, tanto per sgombrare il campo dalle insinuazioni: Paolo Costamagna era assessore di sinistra. Con l'aria che tira in Italia, dove tutto è strumentalizzazione, mi sembra utile precisarlo. Perché non si dica che qualcuno gioca con i morti a scopi politici. Nonc 'è squallido gioco, non c'è bieco sottinteso, in questa penosa vicenda. C'è soltanto un grido, lacerante e insopportabile, contro il silenzio. L'urlo, con i toni bassi e calmi di quest' uomo mansueto, è lanciato dall'estrema provincia al cuore del Paese. Gli cedo la parola: se vuoi, stavolta ascoltalo.
«Non chiediamo soldi. Chiediamo solo di esistere. Vorremmo che i nostri non fossero morti di serie B. È triste per noi vedere che la questione dei caduti sul lavoro ha solo la targa Thyssen. In questa piccola azienda, tutto è successo molto prima. Ho la presunzione di direche se il clamoree gli allarmi sollevati per la Thyssen fossero esplosi prima,in estate, qui a Fossano, forse l'incidente nell'acciaieria di Torino non sarebbe capitato. Lo so che nessuno ha la controprova: ma se la politica si fosse mossa subito, sulla sicurezza, vai a sapere… Invece, la nostra tragedia è passata subito nel dimenticatoio. Non qui, certo. Con l'associazione cerchiamo di tenere vivo il ricordo. Gli iscritti hanno già passato il centinaio. Organizziamo mostre, tornei, spettacoli teatrali: per raccogliere fondi da destinare alle famiglie,masoprattutto per impedire che cali l'oblìo. Il Comune ha deciso di intitolare ai cinque caduti il piazzale antistante il vecchio mulino, ormai avviato alla demolizione. No, non è qui che ci dimenticheremo di loro. È là, nel resto d'Italia. Forse perché non blocchiamo autostrade e non okkupiamo niente. Il massimo dell'amarezza a Capodanno: il presidente parla dei morti sul lavoro, cita vari casi, la Thyssen prima di tutti, ma su Fossano neanche una parola. Il suo silenzio, per noi, è una ferita… ».
A Fossano hanno qualcosa da ridire anche contro il sindacato, che organizza mega manifestazioni nel centro di Torino, ma per i fatti di provincia nemmeno si smuove. Ce l'hanno pure con certa politica, che ha subito cavalcato il clamore della Thyssen, candidando persino due sopravvissuti nelle liste elettorali. Confessa Costamagna: «L'ho detto ai due operai candidati: vi usano. Io avrei rifiutato. Se la sinistra fosse davvero tanto sensibile ai problemi del lavoro, si sarebbe mossa prima… ».
Ce l'hanno un po' con tutti. Ma a essere sinceri, signor presidente, sono risentiti soprattutto con te, che ti consideri il padre imparziale di tutti gli italiani: perché allora di noialtri no, ti chiedono da questo lontano paese sotto il Monviso? Perché anche i morti, da noi, devono appartenere a caste diverse? Caro presidente, ti giro le semplici domande.
Scusa se mi intrometto come un portavoce improvvisato, ma mi sento in dovere: loro, purtroppo, non hanno più l'ardire di provarci. Sono disillusi. Non è un buon segno, ne converrai. Vedi un po' tu. Se la cosa ancora può interessarti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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