Roma - Il mondo musulmano ha «troppi eroi negativi» da coltivare. Occorre impegnarsi per regalare alle nuove generazioni, ai giovani islamici che cercano una via d’integrazione con i loro coetanei italiani, francesi, tedeschi una possibilità di identificazione con modelli positivi, che condividano con loro tradizioni e cultura e che non appartengano al fondamentalismo. E Khaled Fouad Allam in questo senso cerca di impegnarsi in prima persona nella sua attività di professore, di scrittore e di politico. Figlio di una siriana e di un marocchino insegna Sociologia del mondo musulmano all’Università di Trieste e Islamistica in quella di Urbino. Si occupa da sempre di Islam contemporaneo, di questioni relative all’immigrazione e ai nuovi diritti di cittadinanza. Tra i suoi libri Lettera all’occidente e La solitudine dell’Occidente. Nell’aprile scorso è stato eletto a Montecitorio con la Margherita. Con la premessa di aver avuto poco tempo per riflettere sui risultati del sondaggio e la precisazione di ritenere «il campione statistico un po’ debole» visto che si tratta di un’indagine condotta su 750 cittadini («Troppo pochi» dice) Khaled Fouad non si tira indietro davanti alle risposte scomode dei cittadini italiani.
Sembra che gli italiani non abbiano molta fiducia nella volontà di integrazione degli islamici che risiedono nel nostro Paese. «Davvero il risultato di questo sondaggio non mi stupisce. Non mi sarei aspettato risposte diverse. Tutto questo è il prodotto della storia degli ultimi anni e in particolare di quanto è accaduto l’11 settembre. Nel dibattito pubblico la tematica dell’integrazione degli islamici ha un impatto negativo. E questa è una condizione che investe l’intera Europa e gli italiani non si staccano dal resto delle popolazioni europee. Se avessimo posto le stesse domande in Francia o in Germania le risposte sarebbero state molto simili. La percezione dell’Islam è la stessa ed è negativa».
Perché?
«Per capire meglio il perché io suggerirei almeno una volta di rovesciare la situazione. Andiamo dagli islamici che vivono qui in Italia e chiediamo loro che cosa pensano e se davvero vogliono integrarsi. Allora avremmo risposte molto diversificate a seconda ad esempio della generazione d’appartenza. Forse i genitori possono essere più restii ma i giovani vogliono integrarsi.Un bisogno molto forte poi sarebbe espresso dalle donne. Le donne hanno una grande voglia di integrarsi e di liberarsi, vogliono fuggire dal giogo delle tradizioni. Chiediamo agli islamici per una volta e forse impareremo qualcosa».
La colpisce la risposta che riguarda il velo? Gli italiani rifiutano con decisione la copertura del volto integrale per la donna. Il dato analitico sulle risposte ci dice che anche chi è orientato a votare a sinistra, dunque i suoi elettori, è decisamente contrario.
«È giusto. È giusto dire che non si vuole il velo integrale e in questo senso mi sembra che il cittadino abbia bene chiara in mente la differenza tra velo integrale e fazzoletto e condivido questo orientamento ».
La quasi totalità degli italiani sostiene che anche per gli islamici deve venire prima il rispetto delle leggi del Paese che li ospita e poi quello delle tradizioni.
«Perché i cittadini hanno bene inteso quale deve essere il rapporto tra democrazia e tradizione. Se si rovescia questo rapporto si mette a rischio concreto la coesione democratica. Ed è un rischio che deriva esattamente dall’atteggiamento dei gruppi fondamentalisti e neofondamentalisti. Sono loro che lavorano contro l’integrazione e le conseguenze sono drammatiche per tutti e coinvolgono anche chi vuole l’integrazione. Succede esattamente la stessa cosa quando un immigrato compie un delitto. Putroppo la popolazione scarica la colpa sulla collettività: tutti gli immigrati diventano criminali e quando questo sentimento si manifesta è poi molto difficile da sradicare».
Che fare?
«Si deve puntare soprattutto sull’insegnamento, l’educazione e poi il lavoro, investendo sui giovani per far capire a loro e a tutti i cittadini che l’incontro fra due culture diverse è fonte di arricchimento e non una deprivazione.
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