da Madrid
I beni immobiliari della famiglia del dittatore spagnolo Francisco Franco sono al centro di una battaglia giuridica fra gli eredi del Caudillo e il governo regionale galiziano. Sebbene senza potere politico, la «dinastia», la cui fortuna è stata costruita sugli immobili «requisiti» da Franco in 40 anni di regime, ha alti e bassi che fanno la gioia della stampa popolare. Una volta sono gli amori della nipote del Generalísimo, Carmen Martinez-Bordiu, attrice in declino; unaltra sono le disavventure del più giovane dei discendenti, Jaime Franco, che ha passato una notte in questura per maltrattamenti allamica.
Lultima polemica è un cupo caso deredità immobiliare. Da pochi mesi, i discendenti di Franco (morto nel novembre 1975) fronteggiano il governo regionale galiziano, che vuol fare della loro residenza estiva un bene dinteresse culturale. È il castello del Pazo Meiras, dimora del secolo XIX offerta al dittatore dopo la guerra civile (1931-1936) dal «popolo de La Coruña», ma che nei fatti appartiene al demanio. Ledificio dalle tre torri magistrali, danneggiato da un incendio nel 1978, andrebbe restaurato.
Per le autorità regionali non è mai stato il caso di allontanare gli occupanti, ma solo di valutare lo stato di conservazione. Il 30 agosto, dopo quasi otto mesi di negoziati fra governo regionale e famiglia Franco, un gruppo di funzionari del dipartimento culturale, formato da un architetto, uno storico e un archeologo, sè visto rifiutare lingresso al castello. Da allora il tono è salito. Lesecutivo socialista della Galizia ha chiesto, ai primi della settimana, al tribunale regionale lautorizzazione ad accedere alla dimora. In caso di rifiuto, la famiglia del Caudillo dovrà pagare unammenda di 60mila euro.
Il governo regionale vuole che palazzo e parco siano dichiarati beni pubblici culturali. Ciò obbligherebbe gli eredi ad aprire larea al pubblico quattro giorni al mese; in cambio avrebbero una sovvenzione per la manutenzione. Ma Carmen Franco Polo, figlia del dittatore, rifiuta ogni accordo, sostenendo che si tratta di proprietà privata. A sinistra già si grida allo scandalo. «È esproprio di bene pubblico, realizzato in periodo di dittatura e che dura da trentanni in democrazia», assicurano comunisti ed ecologisti. Questi ultimi stanno per presentare una proposta di legge per recuperare i «beni espropriati» dal dittatore.
La famiglia Franco dispone oggi di vari terreni e ville un po ovunque in Spagna. Alla morte del dittatore, in nome della transizione democratica, si è ritenuto di evitare cacce alle streghe. Per gli spagnoli loblio era condizione della riuscita duna democrazia fragile: ancora nel 1981, il tenente-colonnello Tejero tentò di rovesciarla con un Putsch fallito di poco grazie allintervento del re Juan Carlos. «In quellepoca era impensabile recuperare i beni della famiglia Franco senza creare disordini», assicura Jesus Andreu, professore di scienze politiche. Risultato: i Franco si ritrovano, tre decenni dopo la morte dellillustre avo, con una fortuna dammontare incerto.
La stampa ha dato eco duna operazione finanziaria dubbia di uno dei nipoti, consistente nel rivendere ad agenti immobiliari beni requisiti durante la dittatura. Esempio: alla periferia madrilena, uno degli eredi ha previsto di costruire 4mila alloggi su un terreno in realtà demaniale. È la proprietà Valdelasfuentes, di mille ettari. Franco se lera attribuita negli anni 60. Il dittatore ne aveva fatto una tenuta agricola molto redditizia. Alla sua morte, laffare declinò presto. Francis, uno dei sei nipoti, lutilizzò come sfondo cinematografico per girare film dorrore ed erotici.
Alla testa di questo impero cè la figlia, Carmen Franco Polo, di 88 anni. Lei dirige la fondazione che ha il nome di suo padre, unistituzione privata con lo scopo di «diffondere linsegnamento del generale Franco nella dimensione umana, politica e militare, e far conoscere meglio i successi del suo regime politico». La fondazione è al centro duna polemica, poiché autorizza con il contagocce laccesso agli archivi, che contengono 27mila documenti. Opacità che rende furiosi molti storici spagnoli o stranieri, i quali li vorrebbero pubblici «perché preziosissimi per la storia della Spagna nel XX secolo».
Per oltre la metà del secondo mandato di José Maria Aznar (2000-2004), la fondazione, accusata di «apologia del franchismo», ha ricevuto in media 25mila euro lanno di sovvenzioni pubbliche. Laiuto finanziario, versato ufficialmente per conservare gli archivi, è scomparso con larrivo al potere del socialista José Luis Rodriguez Zapatero, nel marzo 2004. Nipote dun repubblicano fucilato dai franchisti, il capo della sinistra, fin dallinizio del mandato, si è augurato di sanare le piaghe del franchismo.
(Le Figaro/Volpe
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