FREE CLIMBING

Sulla «Regina viarum» nei pressi di Ciampino una falesia amatissima dai fan delle scalate a mani nude di tutto il mondo

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Free climbing all’Appia Antica. Apparentemente non c’è niente di più lontano della Regina viarum e della pratica dell’arrampicata a mani nude, nata sulle falesie delle montagne americane dello Yosemite. Eppure è proprio a lato della strada più antica del mondo una delle pareti di roccia più popolari per i free climbers di Roma e dei Castelli, ma non solo. L’antica cava romana di basalto utilizzata duemila anni fa per estrarre materiale per la costruzione della Regina viarum è all’incrocio di questa con via di Fioranello, all’altezza dell’aeroporto di Ciampino.
Durante il fine settimana sono decine gli appassionati che si danno appuntamento qui: principianti e esperti, «lupi solitari» e addirittura famigliole con cani al seguito. D’altra parte sono ben 67 le vie, cioè i passaggi tracciati, che si snodano sul grande anfiteatro di roccia vulcanica di livelli tra il 3 (facile) e il 7b (impegnativo), battezzate con nomi pittoreschi che riflettono lo spirito goliardico e la matrice popolare degli arrampicatori che qui si ritrovano in alcuni dal 1970: «Sorci verdi», «Mannaggia er core», «Tette di Paola», «Passera scopaiola», «Nonciollospit» (lo spit è l’occhiello metallico fissato alla roccia) eccetera. Cinque piste sono senza chiodi, due sono state dotate di prese artificiali, per favorire la salita. «Purtroppo alcune vie sono state ricoperte dalla vegetazione», spiega Umberto Silvestri, cinquantenne free climber romano, editorialista del più diffuso quotidiano gratuito distribuito sulla metro, alle prese con la «Golia», una pista 6a, piuttosto impegnativa. «Questa antica cava è una palestra naturale all’aperto. Ottima per allenarsi e poi è l’unica all’interno di Roma. Nonostante ci siano alcune vie molto difficili, non sono mai accaduti incidenti. Qualcuno è caduto, certo, ma al massimo si è procurato qualche sbucciatura».
Questo non significa che chiunque possa arrampicarsi, senza un minimo di attrezzatura e con ogni tempo. Se la roccia è bagnata, infatti, è impossibile arrampicare a mano libera. Occorrono poi le tipiche scarpette morbide da free climbing e una serie di rinvii (ganci a moschettone) per agganciarsi agli spit. I puristi della disciplina rinunciano anche alla fune di sicurezza che impedisce di precipitare fino a terra se si perde la presa. «È consigliabile seguire un corso di arrampicata in palestra prima di cimentarsi su una falesia anche relativamente alta come questa ed è certo meglio avere un minimo di preparazione fisica», sottolinea Silvestri, ex agonista di atletica leggera e fondatore della Maratona di Roma.
La falesia dell’Appia Antica, forse anche per la vicinanza alla via monumentale, è popolare anche all’estero. Vengono qui ad arrampicare, tra gli altri, inglesi e tedeschi. L’età dei free climber della regina viarum varia tra i 15 e i 60 anni. Tra i free climber più assidui, paracaduti della Folgore, come Fabrizio ma anche semplici impiegati (magari afflitti da vertigini) come Danilo. Non mancano le famigliole con cane al seguito. «Ho ricominciato ad arrampicare dopo aver avuto due figlie», spiega Irene Piras, impiegata, una giovanissima e atletica madre, mentre si arrampica su per «Evita la fratta», una via di livello 5c/6a, resa scivolosa dai nidi di piccioni nelle fenditure. «Veniamo qui con le bambine di 3 e 5 anni e il cane», spiega il marito, Silvio Vitaliano, maresciallo della Finanza, mentre tiene la fune di sicurezza.

«È un’attività sana e non pericolosa», assicura, mentre un gruppo di praticanti di «torrentismo», sport estremo praticato nei letti dei torrenti, si esercita accanto a loro, con funi, imbragature e elmetti con lampade ad acetilene.

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