Il Friuli ti ubriaca di gioia e bontà

Roberta Corradin

A visitarla, viene subito in mente lo slogan della regione Friuli Venezia Giulia: «Ospiti di gente unica». È bello, persino in puri termini di marketing, che una regione apprezzi e faccia leva sulle proprie risorse umane invece, che so, sul fatto di offrire ravvicinati mare e monti, storia e grandi vini, grappa e caffè.
Da quel mito vivente che è Bepi Salon (il suo libro su erbe e funghi è imperdibile), a quell'altro mito che non c'è più ma che ci ha lasciato uno splendido libro di ricette - lo scomparso Gianni Cosetti con la sua Cucina di Carnia -, a gestori di agriturismi come il signor Zoff, che a qualche chilometro da Cormòns, la mattina delizia gli ospiti con uno yogurt indimenticabile, a famiglie di artigiani appassionati e stacanovisti come quella che manda avanti il Mulino ad acqua di Godia, le occasioni per commuoversi non mancano, quelle per imparare nemmeno, e le possibilità di shopping sono tante e tali che conviene partire con una borsa vuota, magari termica.
Dicevamo, imparare. Nel comune fuori dal mondo di Sauris di Sotto, al ristorante Alla Pace, un tempo anche locanda (oggi, per gli ospiti c'è un meublé a duecento metri), oltre a deliziarci con frico, ciarsòns, zuppa di erbe di campo con orzo, abbiamo estorto ad Andrea la ricetta dei suoi gnocchi di pane allo speck. Provate anche voi: si ammollano per tutta la notte 500 g di pane bianco raffermo, crosta compresa, in 200 g di latte. La mattina si lavora bene il composto di pane e latte e lo si amalgama con 30 g di erba cipollina tritata, 2 cucchiai di semi di kümmel (che non è lo stesso che dire cumino), un cucchiaio di farina e uno di maizena.
L'impasto, di per sé, ha un che di affumicato, in cui Andrea ravvisa l'effetto di una crosta di pane come si deve, cotta in forno a legna. Fondamentale per forgiare gli gnocchi sembra essere il cucchiaio ereditato dalla nonna, a cui lo chef deve anche i primi rudimenti (a sei anni era già in grado di farsi da sé la sua bistecchina). Però vengono bene anche con cucchiai meno densi di storia e di affetto, basta che abbiano un loro incavo accogliente. Il condimento è una salsa di speck tritato con mentuccia, rosolato in olio di oliva insieme a del porro tagliato a julienne (si consiglia un extra-vergine friulano, per coerenza: quello di Starec, www.starec.it), bagnato con vino bianco e acqua di cottura degli gnocchi che regala densità al sugo senza appesantirlo. Scolati con il mestolo forato pochi per volta (astenersi colapasta, pena effetto poltiglia), gli gnocchi non necessitano del passaggio in acqua fredda per fermare la cottura, ma Andrea lo fa, perché gli piace, e basta.
Nel frattempo, in famiglia ci raccontano storie bellissime, come la tradizione di fare gli gnocchi di patate la notte del 2 novembre e lasciarli fuori dalla finestra per i morti che passano davanti a casa a prenderli, o come l'usanza famigliare di appendere la carne al camino di casa per affumicarla lentamente.
Da Paolo Zoppolatti a Cormòns abbiamo mutuato il gusto, che a lui viene dalla tradizione, per il contrasto e per l'agrodolce: se gli gnocchi di susine dolci vengono tradizionalmente serviti come primo, si dice lo chef, perché non servire un dessert di farfalle di pasta alla vaniglia? Si lessano in acqua bollente aromatizzata con lemongrass (ormai si trova facilmente nei negozi di alimentari cinesi e orientali; in alternativa, si può usare la melissa), e insaporita con crema di cocco (versione per pigri: insaporite con cocco grattugiato una banale crema inglese di tuorlo, zucchero e latte).
Da Emanuele Scarello, a Godia, una frazione di Udine, abbiamo imparato gli spaghetti DI, e sottolineiamo di, pomodoro. Scarello separa l'acqua di vegetazione del pomodoro, la gelifica con agar-agar, con un taglierino ricava gli spaghettini, li condisce con una spuma di mozzarella di bufala che può essere sifonata, ma viene benissimo stracciando e montando con una forchetta della mozzarella freschissima. Una foglia di basilico e tutti i sapori della pasta al pomodoro sono serviti, meno la pasta che lui non ama sperticatamente. È una ricetta che Scarello dovrebbe esportare oltre Atlantico, dove i carboidrati sono guardati peggio degli untori al tempo della peste. E da Andrea Canton, a San Quirino, avremmo preso a prestito la forma dei suoi tortelli di carciofi e caviale, piegati a girandola chiudendo verso il centro con quattro dita un quadratino di pasta: forse il gesto è stancante se replicato per una cena per dieci, ma per un tete-a-tete è perfetto e lascia la spesa del caviale vagamente sostenibile. Da Attias Tarlao, sul mare di Grado, avremo voluto imparare tutti i segreti dei gransipori, ma ci sembra più fattibile rubare a casa nostra l'idea del tonno tonnato: tonno alla brace con salsa tonnata che sembra a metà tra un pleonasmo e una tautologia ma provate a pensarla fatta come i piemontesi fanno la salsa tonnata all'antica, però col tonno al posto del vitello: gli impasse retorici retrocedono in buon ordine, piegandosi al gusto.
Ultima ora (si fa per dire): Daniele Cortiula, allievo di Cosetti, è più facilmente raggiungibile da quando ha lasciato il Kursaal di Sauris per la Miniera, a 5 km da Tolmezzo, 0433.750558, per la precisione Invillino di Villa Santina. Arnold Puecher invece non celebra più le sue odi agli extra-vergini italiani in trasferta estiva da Venica & Venica; è tornato a cucinare in Austria al Wulfenia, 0043.4285.8124, www.wulfenia.at. Ha ormai avuto un anno per rodarsi senza riuscirvi. Senza Scampo, a Udine, ospita la cucina di pesce dello chef Mauro Modesti, 0432.287151. E a fine settembre è tutto un festeggiar le mele, con sagre, mostre, menu dedicati nei ristoranti, da Tolmezzo a Pantianicco (info: Aiat Tolmezzo 0433.44898; pro loco Pantianicco 0432.

8600075).

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