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Frizioni fra Pdl e Lega sull'Udc: domani il vertice

Domani l'incontro tra Berlusconi e Bossi: seconda tappa per il rilancio della maggioranza dopo il summit del Pdl a Palazzo Grazioli. Si valutano alleanze possibili. Il premier vuole rimpiazzare Fini con Casini. Ma il Senatùr sbarra la strada all'Udc: "Sono ciò che resta della Dc"

Frizioni fra Pdl e Lega sull'Udc: domani il vertice

Roma - Vigilia dell’annunciato incontro tra il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, e il leader leghista Umberto Bossi, seconda tappa del chiarimento di mezza estate per il rilancio della maggioranza, dopo il summit del Pdl a Palazzo Grazioli la scorsa settimana. Dal Governo, in ogni caso, il ministro per l’Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi, avverte: "Sia chiaro: se cade questo governo ci sono solo le elezioni". Resta intanto la tensione tra Lega e Udc, così come quella tra Pdl e finiani.

Le alleanze possibili Il coordinatore Pdl, Sandro Bondi, torna a chiedere le dimissioni del presidente della Camera: "Oggi sono ancora più necessarie. Prima lo farà meglio è. Sia per il Paese che per la piena agilità politica dello stesso Fini". Dalla Lega il messaggio è chiaro: "Dagli anni Ottanta è in atto una rivoluzione copernicana - afferma il senatore, Piergiorgio Stiffoni - che ha visto Bossi combattere contro il sopruso, il malaffare, l’inciucio e la distruzione del Nord". Tra i finiani il capogruppo Fli alla Camera, Italo Bocchino, difende la sua idea di un governo nuovo e allargato a tutte le forze moderate: "La mia è la riproposizione della teoria tatarelliana di 'oltre il polo'. E' stato Berlusconi prima di me a chiedere a Casini e Rutelli di entrare in maggioranza, così com’è Berlusconi a ricevere a Palazzo Grazioli parlamentari eletti nel Pd e delusi dal centrosinistra. La mia, pertanto, è una proposta tatarellian-berlusconiana".

Il Pdl: "Basta tatticismi" "E' definitivamente scaduto sia il tempo delle avventure, delle soluzioni parlamentari costruite alle spalle della volontà popolare, sia il tempo dei tatticismi, delle riserve mentali, dei retropensieri, delle mezze fiduce come premessa per una ripresa della guerriglia", commenta Daniele Capezzone, portavoce Pdl. "Dopo che, la scorsa settimana, il presidente Berlusconi ha fissato - sottolinea Capezzone - un percorso chiaro nel metodo e nel merito, l’alternativa è secca: o a settembre ci sarà una fiducia piena, con la piena possibilità per il governo di continuare a lavorare in modo sicuro e sereno come i cittadini chiedono, oppure, sia pure nostro malgrado, perchè ovviamente noi non caldeggiamo questa ipotesi, l’unica via sarà quella di ridare la parola al più presto alle urne e agli elettori. Non esiste alcuna fattibilità di governi cosiddetti tecnici o istituzionali: gli unici governi politicamente legittimati sono quelli scelti dagli elettori, e gli elettori - conclude Capezzone - hanno scelto Silvio Berlusconi".

L'anti-berlusconismo dell'opposizione Dall’opposizione prende posizione Walter Veltroni: "Spero che si concluda rapidamente l’era Berlusconi", ma non ci si può alleare anche con il diavolo, "io rimango dell’idea che invece le uniche alleanze credibili, prima e dopo le elezioni, siano quelle fondate su una reale convergenza programmatica e politica".

Antonio Di Pietro conferma il suo sì condizionato a un governo di transizione: "Come Italia dei valori, proprio perchè non vogliamo essere accusati di sfascismo, abbiamo affermato di essere d’accordo ad un governo tecnico ad una condizione: se ne faccia garante il Capo dello Stato con due limiti, uno di tempo e uno di competenza, ovvero 90 giorni per una nuova legge elettorale".

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