Frizzi & Giusti, stiamo «Attenti a quei due»

Di parole, la radio dovrebbe vivere. E quindi, quasi per sillogismo, l’affabulazione dovrebbe essere uno dei generi principi della radio: i vari Ascanio Celestini (quello delle origini, quantomeno), Marco Paolini, Marco Baliani, soprattutto, dovrebbero avere il loro habitat ideale in onde medie e modulazione di frequenza. Capaci, con la semplice forza evocativa delle loro voci, di spaccare gli apparecchi e, quasi, di uscire dalle radioline, dalle autoradio e dai computer per accarezzare chi sta in ascolto. Facendolo sognare, facendolo sentire parte di quella affabulazione.
Insomma, dovremmo essere di fronte al genere radiofonico per eccellenza. E invece. Tranne qualche rara eccezione (penso a Baliani proposto nel Radiotre Festival di Cervia), il genere sembra caduto in desuetudine. Ed è un vero peccato: ho scritto, riscritto e non mi stancherò mai di scrivere che i cicli di Alle otto della sera in cui Sergio Valzania arruolò Giordano Bruno Guerri per parlare dei Ciano e di alcuni aspetti della vita del Duce, escono direttamente dai microfoni per entrare nella storia della radio. Anche senza che potessimo vedere Giordano contorcersi con i fili e avvinghiarsi al microfono, sentirlo era come vederlo. Insomma, uno spettacolo.
Tutto questo, ora, non succede più. L’affabulazione in radio sembra dimenticata. E invece basterebbe pochissimo. Per quanto mi riguarda, io ho un sogno, che è quello di trasferire alcuni monologhi di Antonello Piroso in radio. Il direttore delle news de La 7, che è bello e tiene alla sua bellezza, in qualche modo potrebbe sentirsi defraudato dalla sola presenza in voce non corroborata da quella in video. Ma, anche a costo di un piccolo sfregio al suo ego, certamente serate come quella dell’altr’anno dedicata al ricordo di Enzo Tortora o lo speciale su Walter Tobagi che è stato riproposto il 27 maggio da La 7, meriterebbero anche una versione radiofonica.
Soprattutto, i racconti e le affabulazioni di Piroso avrebbero una dignità assoluta anche in radio. E non solo perchè parlano di eroi civili, recenti ma non abbastanza da non rischiare l’oblio in un mondo che digerisce e archivia tutto senza memoria e senza gratitudine. Ma, persino al di là di quel che dice Piroso, è il modo in cui lo dice ad essere perfettamente radiofonico, perfettamente adatto all’etere.

Perchè alterna lunghe tirate, pause strategiche, digressioni molto casuali e al tempo stesso studiatissime, racconti in prima persona o con il linguaggio colloquiale che magari potrebbero far arricciare il naso a qualcuno dell’Accademia della crusca, ma che sono perfette per raccontare la situazione, il personaggio di cui si parla o il clima di quel giorno.
Insomma, siamo nei dintorni dei capolavori dell’affabulazione. Sarebbe bello ascoltarli anche in radio. Anche a costo di perderci le mezze maniche e i bicipiti interi di Antonello.

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