Frodi per 900 milioni in 5 anni, il 70% dei fondi è sparito al Sud

Agli oltre 40 miliardi stanziati ma non spesi si aggiunge la piaga delle eurotruffe gestite dal crimine organizzato

Roma Burocrazia e criminalità. Sono queste le due principali cause del mancato utilizzo da parte delle Regioni assegnatarie dei fondi europei. Non si scappa da questi due ostacoli. E se il primo è difficilmente quantificabile, praticamente impossibile inserirlo in una statistica, in uno studio con tabelle e numeri precisi, perché fa parte della storia stessa dell’Italia, sul secondo arrivano le prime cifre, e s’inizia a parlarne. Le due cause, burocrazia e criminalità, possono anche mischiarsi tra loro nel vischioso punto d’incontro dei favori dati e ricevuti, del clientelismo, ed è su questa pericolosa alleanza che si sta concentrando l’attenzione degli organismi di controllo, italiani ed europei.
La mole di finanziamento per lo Stivale d’Europa è enorme, 23 miliardi per il periodo 2007-2013 solo alle Regioni in difficoltà. A questi si aggiungono i contribuiti dello Stato, per un totale di 47 miliardi, di cui sinora ne sono stati utilizzati appena 3,6, come ha denunciato il ministro Giulio Tremonti prendendosela con la «cialtroneria» dei governatori di Campania, Sicilia, Puglia, Calabria, Basilicata. È cialtroneria, è lentezza di burocrati, ma è anche qualcosa di più: di recente si sta ponendo un’attenzione maggiore al rischio, accertato già da alcune indagini della magistratura, di un’infiltrazione mafiosa nell’utilizzo dei fondi comunitari nel Meridione.
A Bruxelles l’organismo che indaga sul cattivo utilizzo dell’oro europeo si chiama Olaf, in Italia già da qualche tempo la Corte dei Conti si sta dando da fare. Ed ecco i dati che saltano fuori per il periodo 2003-2008: in cinque anni sono stati utilizzati in Italia in modo fraudolento quasi 900 milioni di euro di fondi europei. Il 68,8% delle frodi si sono verificate al sud, il 14,6% al centro Italia e il 16,6% al nord.
Il 2008 ha fatto registrare una flessione del numero dei casi accertati, ma i soldi «deviati» dai cittadini al malaffare sono stati pur sempre 153 milioni 625mila 736 euro. Più della metà dei fondi distorti (87 milioni di euro) appartengono ai due programmi specifici per le Regioni del sud: Fesr e Fes. E i progetti fantasma sono più spesso regionali che nazionali: il 64,3% contro il 35,7%. Un campo fertile è l’agricoltura: nel 2008 i fondi finiti in mani sbagliate sono stati 50 milioni 986mila 995 euro.
Mani spesso mafiose, almeno nel 50% dei casi secondo un recente studio dell’Olaf, che evidenzia un ingresso preoccupante della criminalità organizzata nei fondi europei in tutte le Regioni del Paese. Tra il 2007 e il 2009 le citazioni in giudizio per frodi comunitarie in Italia sono state 294. Le prime cifre sui fondi recuperati nel 2009 parlano di altri 136 milioni di euro di finanziamenti che stavano per finire nei canali della criminalità, o in progetti inconsistenti, finti.
Se può essere una consolazione, l’Italia non è l’unico Paese che gestisce male le risorse comunitarie. Secondo l’Olaf infatti l’11% dei 180 miliardi complessivi di finanziamenti europei all’interno dei programmi di sviluppo è sperperato in questo modo.
Nel 2008, in particolare, gli ispettori di Bruxelles si sono concentrati sulla Calabria.

Con risultati disastrosi per l’Italia: «In totale - si legge nella relazione dell’organismo antifrodi - l’Olaf ha verificato più di 40 progetti e ha trovato serie irregolarità nella maggior parte di essi». Sono state confermate «irregolarità per 10 milioni di euro. Tre diverse inchieste - si sottolinea - sono state avviate in Italia contro le parti coinvolte».

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