"Fronte comune con Cisl e Uil sul welfare"

Il vice presidente di Confindustria, Moltrasio: "Qualche sindacato sconfina nella politica". Appello a Bonanni: "Il momento è difficile, troviamo insieme posizioni condivise. Serve responsabilità"

da Roma

Il concetto è semplice: solo se giochi sai come potrà andare la partita. In soldoni, è questo l’animo che ha spinto la Confindustria a firmare il protocollo sul welfare e le pensioni. «Se non l’avessimo fatto - spiega Andrea Moltrasio, vicepresidente degli industriali, con delega per gli affari internazionali - non saremmo potuti intervenire per difendere o criticare un documento che non avevamo sottoscritto».
Però, il protocollo elimina lo scalone e pone le basi per modificare la Legge Biagi...
«La cancellazione dello scalone previdenziale è un errore e non siamo d’accordo. Al suo posto è stato introdotto un meccanismo più graduale che non trova confronti in Europa. Eppoi, non credo che il Protocollo cancelli o minacci la legge Biagi. Lo stesso Cremaschi, che non può certo essere accusato di simpatie confindustriali, ritiene che i pilastri della legge restano in vigore. E proprio perchè anche noi riteniamo che i pilastri siano in vigore, abbiamo firmato il protocollo. Con il clima che c’era... Guardi un buon compromesso deve lasciare tutti un po’ scontenti».
Il Protocollo entrerà, anche perchè così prevede la risoluzione parlamentare che ha approvato il Dpef, nella legge finanziaria. Visto che non esiste ancora il partito della Confindustria, come farete a verificare che le norme in cui verrà tradotto non vengano emendate in Parlamento?
«Innanzitutto il partito della Confindustria non esiste e non esisterà mai...».
Già, ma come farete a difendere al Senato il vostro paletto: firmiamo solo se il Protocollo non viene emendato?
«Difenderemo il paletto, come lo chiama lei, con il contributo del sindacato. Con il sindacato che, come noi, non vuole modifiche del protocollo. Con quel sindacato responsabile che non si mischia con la politica e pensa al bene del Paese. Il momento non è semplice. Anzi. Per questo credo che sia necessario un gesto di responsabilità da parte di tutti. Alla fine, le forze responsabili si ritrovano».
Riassunto delle puntate precedenti: la Cisl non vuole emendare il Protocollo, mentre la Cgil l’ha firmato in ritardo proprio perchè non convinta fino in fondo delle misure contenute. E ora la sinistra estrema minaccia anche una manifestazione proprio per modificare Protocollo e finanziaria. Non è la prima volta che Cisl e Confindustria assumono iniziative comuni...
«Vale quel che dicevo prima: il momento non è semplice. Per questo, credo sia naturale che le organizzazioni sindacali responsabili, padronali e no, come Confindustria, Cisl e Uil, si ritrovino su posizioni condivise. Il rischio di perdere competitività è concreto. Un solo esempio. Fatto cento il valore del costo del lavoro per unità di prodotto fra Italia e Germania registrato nel 2000, oggi il valore è sceso a quota 90 in Germania ed è salito a 125 in Italia. Dovrebbero essere questi gli argomenti su cui le forze economiche, sociali e politiche dovrebbero riflettere. Credo sarebbe necessaria una maggiore condivisione dell’etica della responsabilità».
Lei chiede più etica della responsabilità, ma il vostro stesso aut aut (non modificate il Protocollo) viene interpretato da sinistra come un’invasione di campo della politica.
«Ci hanno chiesto di firmare il documento per intero. E la Confindustria l’ha fatto solo a condizione che non venga modificato. Mi sembra una posizione responsabile. Non vedo sconfinamenti nella politica. Forse c’è qualche sindacato che ha sconfinato nella politica. Noi lo abbiamo firmato solo per e con motivazioni strettamente tecniche. Il protocollo, seppure elimina lo scalone previdenziale, contiene misure positive per ridare lancio alla crescita e alla competitività. Per esempio, la scelta di eliminare impropri contributi aggiuntivi sugli straordinari rende più trasparente il rapporto di lavoro, frena il sommerso e contiene positivi elementi di flessibilità».
Per la sinistra, il protocollo non combatte il precariato...


«Prima qualcuno dovrebbe dimostrare che il precariato deriva dalle vigenti leggi sul lavoro. Eppoi, un buon compromesso deve scontentare un po’ tutti. Quello raggiunto non credo debba essere modificato, altrimenti l’equilibrio salta».

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