Mentre la platea italiana continua a interrogarsi per capire se l'ultimo lavoro di Philip Roth, «Indignazione», è al livello delle sue migliori pagine, lo scrittore americano di Newark ha già dato alle stampe «La mortificazione» mentre per «Nemesis» l'uscita è prevista nel 2010. Insomma l'attività dell'autore americano forse più famoso in questo momento procede a pieno ritmo ma l'Italia resta terribilmente indietro. Gli ultimi due titoli attendono infatti di sbarcare sugli scaffali delle librerie di casa nostra (e prossimamente accadrà) mentre «Indignazione» resta lì a occhieggiare dal comodino, come quei libri belli e impossibili che si vorrebbe sempre leggere e mai finire.
L'avventura di Marcus è raccontata ex post. Dall'aldilà, insomma. Perché Marcus è morto. È morto in Corea. È morto per punizione. È morto perché ha osato ribellarsi. Al papà, alla famiglia, al tranquillo tran-tran di sempre, all'istitutore accademico, al compagno di stanza al college. A tutti, tranne alla sua fidanzata, la quale però fugge da sola. E il destino è implacabile con Marcus: cancellato. Perde tutto pur meritando di non perdere nulla. Ma quando l'ateneo diventa una polveriera, Marcus che è giovane e pieno di baldanza, non si tira indietro. Non si sottrae all'azione. Vede cadere i pezzi dei suoi precedenti «nemici» con i quali ha litigato ma non gli basta. E nel vortice cade anche lui.
A New York sono in molti a cadere e il baratro spesso si amplia. Quella di Roth e di Marcus è l'America dei Fifties, che promette e mantiene trascina fuori dal comunismo mezzo mondo e ce ne precipita l'altra metà. Quella di oggi è un po' diversa, ma anche oggi c'è un'America che cade. Sotto i colpi di una crisi che ormai si avvia alla porta d'uscita lasciando i terribili strascichi della disoccupazione. E allora c'è un'America che cade senza che nessuno se ne accorga o se ne voglia accorgere. Di questo, Roth non ha scritto, ma forse non è da escludere che ne scriva. E l'indignazione del titolo riemerge puntuale nel desiderio di rivalsa che si nasconde in ognuno di noi allorquando non è giusto che a cadere sia chi si ribella ingiustamente, chi si ribella civilmente. Chi insomma, non si rassegna.
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