Fu omicidio preterintenzionale: 16 anni

Avrebbero voluto una condanna per omicidio volontario, i genitori di Vanessa Russo, la ragazza di 22 anni morta il 26 aprile del 2007 dopo essere stata trafitta a un occhio dalla punta di un ombrello bandito come una spada da Doina Mattei durante una lite in metropolitana. Si dovranno accontentare di sapere che la giovane ex prostituta romena sconterà in carcere 16 anni per omicidio preterintenzionale. Stessa qualificazione giuridica del fatto rispetto al processo di I grado e stessa entità della pena. Per la I Corte d’Assise d’appello non ci fu la volontà di uccidere, il gesto dell’imputata andò oltre le sue intenzioni. Ma non merita comunque le attenuanti. La giovane è stata condannata anche al pagamento di una provvisionale di 20mila euro per ciascuna delle parti offese.
«Sentenza pesantissima», per gli avvocati Carlo Testa Piccolomini e Nino Marazzita, difensori dell’imputata. «Tecnicamente - spiega Piccolomini - questa decisione conferma la nostra tesi: Doina non voleva uccidere. Lascia l’amaro in bocca e sconcerta la condanna a 16 anni per un’accusa di omicidio preterintenzionale che mi pare davvero enorme».
Piange, Doina, appena capisce che i giudici hanno confermato la condanna del primo processo. In aula piangono anche la sorella e la zia, arrivate dalla Romania. I carabinieri la fanno uscire da una delle scale di emergenza per impedire che il suo dolore incontrasse quello dei familiari di Vanessa. Momenti di tensione, del resto, c’erano stati poco prima, durante l’udienza. Le parole usate dall’avvocato Marazzita nell’arringa per chiedere «una sentenza di giustizia e di verità» che consentisse all’imputata di avere un futuro, aveva fatto eplodere la rabbia della signora Russo. «Mia figlia non c’è più, non ha più futuro e lei avvocato sta facendo solo teatro», aveva urlato la mamma di Vanessa prima di essere allontanata dall’aula. Poi, a freddo, Rita Russo è riusciuta a commentare la sentenza: «Poteva andare peggio - dice - sono comunque soddisfatta. Il perdono? Si dà da lassù». E ad abbandonarsi a un ricordo dolce: «Mi è rimasto in mente il suo sorriso quando è uscita di casa. Ricordo la divisa bianca quando andava a fare pratica come infermiera all’Addolorata. Ricordo i suoi capelli biondi come raggi di luce. Ora è in un letto di stelle». Non è piacuto alla signora Russo il modo in cui si è comportata Doina durante il processo: «Mi è sembrata un po’ troppo baldanzosa, dovrebbe provare lo stesso dolore che ho provato io. Vedo ancora un sorriso sul suo volto. Non ci ha mai cercato, non si è mai rivolta a noi, non mi ha mai chiesto scusa».
Ci aveva provato il procuratore generale Alberto Cozzella a chiedere che la morte di Vanessa fosse qualificata come omicidio volontario. «Non ci sono dubbi sulla responsabilità dell’imputata - ha detto il rappresentante dell’accusa - alcuni testimoni hanno riferito che Doina rivolse col braccio teso l’ombrello con la punta verso il volto di Vanessa». Per l’avvocato Marazzita, invece, l’ex prostituta reagì ad una provocazione di Vanessa, che «entrò nel vagone della metro con impeto».

«Chi poteva immaginare che con un colpo solo di ombrello - ha aggiunto l’altro legale - nel corso di una colluttazione, con l’antagonista in movimento, si sarebbe potuto causare la morte di una persona?». Già annunciato il ricorso in Cassazione.

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