Fuga col lenzuolo, evasi sorpresi in cortile

Buco nel muro, lenzuola e via andare. I due detenuti di San Vittore ci hanno provato nel più classico dei modi, ma sono stati «fregati» dalla tecnologia: un sistema di sensori interni che li ha individuati mentre appoggiavano una scala al muro di cinta. Hanno tentato di nascondersi sotto un’auto, ma sono stati scovati dalle guardie e, come al Monopoli, sono tornati in «prigione direttamente e senza passare per il via».
Bruno Cannata, 29 anni, e Antonio Penna, 23, sono due bei banditoni di origine calabrese, rinchiusi nella stessa cella del quinto reparto, al secondo piano. Cannata, condannato per omicidio in primo grado, era stato trasferito a Tolmezzo ed era tornato a San Vittore per l’appello iniziato il mese scorso, prossima udienza l’11 novembre. Penna, aveva messo in fila un bel numero di rapine e da febbraio era ospite dello Stato in piazza Filangieri.
L’altra notte intorno alle 2 hanno provato il colpo. Prima hanno scavato un buco nella parte esterna, larga non più di 40 centimetri. Un lavoretto di tre, quattro notti al massimo: non si tratta di attaccare il cemento armato, bensì togliere mattoni di un muro vecchio di quasi un secolo e mezzo. Poi, annodando le lenzuola, si sono calati, da circa sei metri, nel cortile interno.
Ma qui viene il difficile: scalare il muro di cinta alto nove metri. I due, toccato terra sul lato di via Vico, raggiungono un cortile su viale Papiniano dove sapevano di trovare, all’interno di una caserma della polizia penitenziaria in ristrutturazione, una scala. Da appoggiare poi a un’altra struttura a un piano, dove si fermano i parenti in visita per i controlli. «Forse» sarebbero riusciti a raggiungere la sommità, anche se, arrivati al cammino di ronda, «forse» sarebbero sfuggiti alle guardie che girano in continuazione per poi «forse» calarsi in strada. Tutte ipotesi, perché poi i sensori fanno scattare l’allarme, anche se non risuonano le sirene come nei film, al corpo di guardia e da qui agli agenti sulle garitte. Gli agenti vedono due «ombre», intimano l’alt e i due evasi capiscono che la fuga è ormai fallita. Tuttavia tentano il tutto per tutto nascondendosi sotto alcune auto del personale di San Vittore parcheggiate all’interno.
Dal carcere l’allarme rimbalza alla centrale dei carabinieri, che comunque non faranno in tempo a intervenire, e all’equipaggio della polizia penitenziaria di ronda all’esterno. Quindi inizia la conta per capire chi siano gli evasi e alla fine vengono identificati cella e detenuti mancanti. Il buco era stato coperto dal solito mobile, mentre i tre compagni di cella giurano e spergiurano di non essersi accorti di nulla.

Dovranno però convincere i magistrati che sicuramente li metteranno sotto inchiesta per favoreggiamento. Quindi gli agenti iniziano a setacciare il carcere e, verso le 3.45, è tutto finito. Cannata e Penna, rannicchiati sotto due auto, vengono scoperti e si arrendono senza opporre resistenza.

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