Fumetti, strisce, vignette e altre avventure. Alle origini (svizzere) del fenomeno editoriale

Fumetti, strisce, vignette e altre avventure. Alle origini (svizzere) del fenomeno editoriale

Il mercato del fumetto è in continua crescita, come ribadisce il report dell'Associazione Italiana Editori presentato lo scorso novembre a Lucca Comics & Games. I dati sono impressionanti: i 36 milioni di euro di fumetti venduti nelle librerie generaliste, nei supermercati e online nel 2019 sono diventati ben 107 nel 2022. Una cifra a cui vanno aggiunti altri 71 milioni provenienti dalle fumetterie.

A questo punto è utile farsi una cultura, per non essere colti impreparati. Innanzitutto, il fumetto non è un genere letterario ma va considerato medium a tutti gli effetti, una forma di comunicazione dotata di codici specifici. Gli studiosi oggi sono d'accordo nel giudicarlo tale. E sapete una cosa? Il precursore del fumetto è un illustratore svizzero attivo nella prima metà dell'Ottocento. Dovremmo quindi aggiornare la celebre battuta pronunciata da Orson Welles ne Il terzo uomo, peraltro totalmente improvvisata sul set, stando ai cinefili: «In Italia, per trent'anni, sotto i Borgia ci sono stati sangue, assassini, terrore e omicidi, ma sono nati anche Leonardo, Michelangelo e il Rinascimento. In Svizzera ci sono stati 500 anni di amore fraterno, pace e democrazia e cosa hanno partorito? L'orologio a cucù». E il fumetto, aggiungiamo noi. Il ginevrino Rodolphe Töpffer ne è infatti considerato l'antenato.

Sono però gli Stati Uniti il luogo dove il fumetto, per come lo intendiamo comunemente, nasce e diventa un'industria. La storia ci viene raccontata in uno scorrevole saggio di Maurizio Scudiero, che i più ricorderanno come storico d'arte ed esperto di Futurismo. Americomics, questo il titolo del volume edito da Luni, prende in esame un arco temporale che va grosso modo dagli inizi del secolo scorso, periodo in cui sui quotidiani si affermano le strips o strisce umoristiche, agli anni Cinquanta, quando i fumetti vengono messi sotto accusa perché accusati di traviare i giovani. La foliazione è impressionante, oltre 300 pagine, ma è pienamente giustificata dalla presenza di un ricco apparato iconografico a documentare strisce, pagine domenicali, copertine di comic books. Il tutto proveniente dalla collezione dell'autore, assieme a numerosi disegni originali di alcuni dei più grandi autori americani, tra cui Winsor McCay, George Herriman, Carl Barks e Milton Caniff. Lo svizzero Töpffer, dicevamo. Definisce i suoi lavori «letteratura per immagini» e realizza delle strisce satiriche che per narrazione e montaggio diventano ben presto un modello innovativo a cui guardare. Le sue opere circolano in copie pirata negli Stati Uniti già nel 1848, attirando l'attenzione di disegnatori ed editori. Scudiero ricostruisce le vicende editoriali del fumetto americano partendo da qui. La domenica i quotidiani presentavano un inserto illustrato con disegni umoristici e satirici. L'editore Joseph Pulitzer (che istituì il premio omonimo) è forse il primo a pubblicare strisce che imitano la struttura di Töpffer. Spesso sono stampate a colori, cosa che il pubblico gradisce. Ben presto si passa dalla strip alla storia autoconclusiva con personaggi ricorrenti: nasce la sunday page, dove l'autore può cimentarsi in una narrazione di più ampio respiro ricorrendo a un numero variabile di strisce, solitamente da tre a cinque. A fine secolo sono molti i quotidiani che pubblicano sequenze di vignette negli inserti domenicali. Ancora non si parla di fumetto vero e proprio. Ma il 5 maggio 1895 sul New York World compare il primo episodio a colori della serie At the Circus in Hogan's Halley, di Richard Felton Outcalt. Il protagonista è un buffo bambino con un camicione giallo dove compaiono i dialoghi. Non solo: pochi mesi dopo, il 25 ottobre 1896, dalla bocca di Mickey Dugan, questo il nome del giovinetto, esce un balloon, una nuvoletta parlante. Non c'è dubbio, il fumetto ha emesso il suo primo vagito. Le nuvolette permettono di lavorare maggiormente sui dialoghi, sulle battute, per cui il linguaggio si rinnova. Scudiero sottolinea come i giornali delle classi agiate, per esempio il New York Times, non pubblicassero fumetti, che proliferavano invece sulle testate più popolari, i cui lettori non erano particolarmente istruiti. Nelle nuvolette confluisce quindi il parlato quotidiano, a tratti sgrammaticato e ricco di frasi idiomatiche. Ne abbiamo un caso lampante in Krazy Kat, capolavoro di George Herriman, dove l'agente di polizia Pupp è chiamato offissa anziché officer. Inoltre, per dare sonorità alle azioni spesso rocambolesche dei personaggi, gli autori inventano onomatopee incredibili (bang, gulp, smack e chi più ne ha più ne metta) che si diffondono poi in tutto il mondo. All'epoca i grandi gruppi editoriali, come quello di Pulitzer o del magnate William Randolph Hearst la cui figura ispira il film Citizen Kane (scritto, diretto e interpretato da Orson Welles, ancora lui!), posseggono numerosi giornali sparsi nelle città americane, per cui la medesima strip viene letta in contemporanea in tutti gli Stati Uniti, anche grazie all'intermediazione delle agenzie di distribuzione (i syndicates) che vendono ai quotidiani i diritti di riproduzione delle strisce. Ben presto le più apprezzate sono raccolte e pubblicate in volume, il comic book. Si assiste inoltre a una diversificazione dei generi: non solo comicità ma anche avventura e, più tardi, fantascienza. Ricordate Flash Gordon e Mandrake? Il principale merito di Americomics è quello di mettere ordine nel mare magnum delle pubblicazioni delle origini, snocciolando informazioni sulle strisce ritenute imprescindibili per il loro carattere innovativo dal punto di vista grafico, linguistico e contenutistico. I titoli e gli autori citati sono veramente numerosi, non possiamo però esimerci dal ricordare Winsor McCay e Frank King, maestri assoluti insieme a Herriman citato poc'anzi. McCay è l'autore di due titoli cardine, Dream of a Rarebit Fiend («sogno di un divoratore di crostini») e Little Nemo. Non sono strisce ma raffinate pagine domenicali a colori. Nella prima serie, pubblicata dal 1904 al 1913, svariati personaggi sono assaliti da incubi dovuti a un'indigestione di crostini al formaggio; il tema del sogno è presente anche nella concomitante Little Nemo (1905-1913 e 1923-27), il cui protagonista è un bambino che in sogno scopre mondi straordinari e immaginifici, disegnati con grande perizia e dovizia di dettagli, in uno stile ricercato che rimanda al liberty. L'ultima vignetta mostra il risveglio del fanciullo, che avviene spesso per una caduta dal letto. Gasoline Alley è una striscia conosciuta in Italia da pochi cultori tra cui Scudiero, che la definisce «eccezionale»; solo negli ultimi anni è stata riscoperta grazie a due mostre curate dal collezionista Giovanni Nahmias per il festival BilBOlbul di Bologna e per WOW, il museo del fumetto di Milano. Creata da Frank King nel 1918, è l'unica striscia al mondo che da più di un secolo è ancora disegnata e pubblicata ogni giorno, un record! Ovviamente King è scomparso da tempo e il suo testimone è passato ad altri disegnatori. La seconda particolarità è che i personaggi invecchiano: il protagonista Walt Wallet è morto e suo figlio adottivo Skeezix, mostrato in fasce ai lettori il 14 febbraio 1921, oggi appare nelle strisce come un centenario circondato dai nipoti.

Americomics prosegue analizzando la produzione degli anni Trenta, che battezzano la nascita delle strisce di Mickey Mouse e Donald Duck, Dick Tracy e Tarzan, Flash Gordon e Mandrake, Terry and the Pirates e Prince Valiant. E soprattutto l'avvento dei primi supereroi: Superman, apparso nel giugno 1938, seguito undici mesi dopo da Bat-Man (all'epoca il suo nome si scriveva così). È una rivoluzione. Ma questa è un'altra storia

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