Premessa: se il Toroc dovesse organizzare «Giochi senza frontiere» lItalia rischierebbe grosso, anche sfruttando il jolly. Non dico dello spettacolo, splendido, dico del resto: code sovietiche, due varchi soltanto per i controlli dingresso, segnaletica inesistente, automobili dordinanza, blu e affini, in dosi industriali, si va alla cieca cercando lo spiraglio, una porta per sapere, entrare, vedere. Tocca a Piero Chiambretti aprire le danze, il Nostro dimentica levento mondiale (per fortuna non ancora televisto) e fa markette nostalgiche e personali sul Toro tremendista di Claudio Sala che qui si esibiva, gioca con stucchevole ironia sulluccellino di Del Piero, lasciando a Olga, interprete, la facoltà di tradurre per gli stranieri. Irene Grandi canta Volare, si ritorna ai tempi di Modugno e di Cortina, penso che un sogno così non ritorni mai più. Invece torna e non è un sogno. È lOlimpiade, finalmente, non soltanto di Torino ma dellItalia, come la presenza di Carlo Azeglio Ciampi ribadisce. Rogge, presidente del Cio, a domanda diretta ha risposto: «Sono felice che sia qui presente la massima autorità dello Stato, il resto non mi interessa».
Lavvio di serata è montanaro: ogni spettatore ha ricevuto un kit in carta domopack, allinterno, per gradire, un campanaccio che viene suonato a richiesta, leffetto pascolo è immediato, la mucca pazza si è vendicata; a seguire un cuscino rosso per tenere a bada il freddo dei sedili, una pila che illumina di immenso e per finire un poncho bianco che, indossato, trasforma gli spettatori in statue di cera. Lo stadio, rifatto a nuovo, è più bello del parente concittadino Delle Alpi (non ci voleva molto). Alle otto della sera è storia forte e vera di Olimpiade, fuochi, fiamme, balli, la musica, Juri Chechi sciamano, la sinfonia dei corni delle Alpi, Rossini e la gazza ladra, non cè tempo per pensare, gli occhi vanno veloci verso obiettivi lontani, sale e ci assale un senso di gioia, diventa emozione quando la musica di Amarcord riporta a nostalgie felliniane, Carla Bruni avanza splendidamente vestita da Armani e regge, sulle mani leggere, il tricolore, ripiegato. Ciampi e Rogge ricevono applauso olimpico e oceanico. Lapparizione, tenerissima, di una pupattola alta come un pinguino, vestita del tricolore, caricata come un carillon per cantare linno di Mameli fa accomodare tutti nella culla. LOlimpiade è un varietà senza interruzioni pubblicitarie, nessuno pensa, per il momento, a Rocca o Miller, ci fanno stupire con gli effetti speciali mettendoci dentro anche la musica di Rocky. Corrono pattinando atleti in fiamme, il fuoco stavolta è vita, i cinque cerchi illuminano la curva Filadelfia. I Giochi, dunque. Ecco la Grecia, prima della storia, prima a scendere in campo, poi in ordine alfabetico gli altri, sorrisi uguali dallAlbania allUcraina, volti felici e saluti dallAndorra allUzbekistan, discomusic per renderci un po billionaire, le ragazze che portano i cartelli di ogni nazione simulano una mole antonelliana bianca di neve con abeti e sciatori. I canadesi sono metà di mille, applausi ai cinesi il cui regime non provoca fastidi, i coreani sfilano uniti nonostante siano in scaletta divisi tra nord e sud. E quando è toccato a noi, italiani, allora viva Battisti, viva la Carolina Kostner finalmente bella e libera di sorridere davanti a uno stadio che cantava, danzava. Cera il tumulto dei Ciampi, Franca e Carlo Azeglio in piedi ad applaudire e ritmare lOmbelico del mondo di Lorenzo Jovanotti. Chiusa la discoteca, Giorgio Albertazzi ci ha riportato al liceo, Inferno, canto XXVI, Ulisse «fatti non foste a viver come bruti», chi ha voluto intendere ha inteso, altrimenti è rimandato a settembre. Ha ballato Bolle nel futuro e nel futurismo, lasciando il palco a una Ferrari montata sul luogo e poi padrona, assoluta, sgommante, fumante, fumosa, davanti allocchio goloso di Luca Cordero di Montezemolo. Spento il rombo della macchina, è toccato alle parole degli uomini, Valentino Castellani ha ringraziato Ciampi per lapporto e il governo e il Piemonte tutto e ha ricordato lavvocato Agnelli (Umberto resta sempre dimenticato). Rogge, presidente del Cio, ha rivolto un invito profondo agli atleti: «Siate leali e rifiutate il doping». E Carlo Azeglio Ciampi ha proclamato: «Dichiaro aperta a Torino la celebrazione dei ventesimi giochi olimpici invernali». La bandiera olimpica è entrata nello stadio, portata dalle otto mirabili signore, Loren-Allende-El Moutawakel-Sarandon-Maathai-Di Centa-Mutola-Mam. Baglioni ha eseguito il suo tronfio Va, Giorgio Rocca ha giurato, Yoko Lennon-Ono, a sorpresa, ha letto parole di pace prima della musica di Imagine cantata da Peter Gabriel. Pavarotti ha aggiunto il tocco classico che non poteva mancare. Erano le dieci e trentuno quando Alberto Tomba è entrato nello stadio portando la fiaccola. Non era lui lultimo tedoforo.
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