Più che farsi dare i nomi per un governo, un governo per non farsi dare nomi. La sottile differenza linguistica non inganni: si tratta di due vie molto diverse. Da una parte c'è la via vecchia, quella delle caselle da riempire o delle etichette da attaccare alle seggiole. Dall'altra c'è la possibilità di formare un esecutivo all'altezza dei compiti che lo attendono. E allaltezza della fiducia che gli italiani hanno dato al centrodestra. Non si può sbagliare strada.
Sappiamo che sono ore decisive per la scelta dei ministri. E siamo sicuri che Berlusconi stia lavorando al meglio per costruirsi una squadra capace di far davvero «rialzare» l'Italia. Ma siccome questi percorsi sono sempre accidentati, è bene ricordare a tutti gli attori in commedia ciò che gli elettori si aspettano: un governo serio almeno quanto sono seri i problemi che si troverà ad affrontare.
Di dilettanti allo sbaraglio, in effetti, non ne possiamo più. L'esperienza fatta nei 22 mesi di governo Prodi basta e avanza: dopo aver visto all'opera il ministro che inneggiava Castro, il sottosegretario che riteneva inutili gli italiani all'estero e una schiera di folkloristici viceministri più presenti nelle ribellioni di piazza che nelle riunioni dell'esecutivo, oseremmo sperare in qualcosa di più. Più di Cento, tanto per dire. Non come numero, s'intende: a questo proposito ci basta sapere che passeremo dalle 103 seggiole di Prodi alle 60. Quasi un dimezzamento: ottimo. Ma la quantità non è tutto.
Durante tutta la campagna elettorale, Berlusconi ha sottolineato a più riprese le difficoltà del Paese. Ha usato toni gravi e sinceramente preoccupati. È anche per questo che gli italiani gli hanno dato fiducia: perché sanno che il suo è un progetto vero, concreto, serio, forse l'ultimo possibile, per rilanciare lItalia. Ma come il leader del centrodestra sa benissimo, perché l'ha sperimentato prima da imprenditore, poi da presidente calcistico e poi anche da politico, nessun progetto serio va in porto se non è sostenuto da una squadra all'altezza. Il centravanti fa gol solo se qualcuno gli passa la palla e se la difesa non è un colabrodo.
Queste elezioni sono state un piccolo grande terremoto politico. Hanno indicato una strada nuova. Hanno acceso speranze. Occorre che anche la scelta dei ministri avvenga secondo criteri diversi dal passato, privilegiando le capacità sugli interessi, il bene del Paese sulle rivendicazioni di parte. Noi contiamo che sia così.
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