da Verona
A scorrerlo adesso, lelenco delle denunce fatte a gennaio dai residenti di due quartieri popolari di Verona, si capisce con quanta velocità quelle bambine entrassero e uscissero da un appartamento allaltro. Forzate al lavoro assieme a un bambino ancora più piccolo.
Le indagini sulla banda di rom di etnia croata che li sfruttava sono cominciate come interventi di routine. Ogni volta i residenti dicevano di aver visto dei bambini in giro. Già, piccoli ladri, dai 7 ai 12 anni, dicevano. E così dopo 47 tentativi e 150 colpi riusciti in giro per mezza Italia del Nord la polizia ha acciuffati a Verona.
I piccoli erano ben istruiti su come muoversi: ogni volta che venivano catturati, dicevano di abitare in camper in zona, non facevano i nomi dei genitori. E quando il tribunale per i minori disponeva la residenza protetta in istituti, nel giro di qualche ora i bambini scappavano e tornavano dai loro capi che in alcuni casi erano i genitori. La squadra mobile veronese aveva fatto controllare i telefoni cellulari che erano stati trovati loro addosso. Comparivano sempre gli stessi numeri, telefonate anche durante i furti. Sono state chieste le intercettazioni telefoniche. È emerso che i piccoli erano «telecomandati» a distanza dal clan Sulic: «Dovete sbrigarvi, sta arrivando qualcuno, fuori dalla casa veloci», oppure «cercate sotto il materasso, dietro i mobili, trovate loro». Decine e decine di pagine di intercettazioni telefoniche a testimoniare che i bambini erano costretti a entrare e uscire, con la frequenza anche di un paio dore di distanza, da unabitazione allaltra. Ma cè di peggio, perché quando i piccoli si lamentavano di non trovare contante o monili in giro, li minacciavano di violenze sessuali.
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