Carissimo dottor Granzotto, qualche giorno fa, su una rivista, ho letto una frase che desidero riportarle per sapere il suo saggio parere. La frase diceva: «Se nel mondo si dovesse continuare a consumare alluminio ai ritmi attuali, le scorte durerebbero per oltre mille anni ancora». Tempo fa lei ci informò delle numerose bufale diffuse da dei «veri esperti». A parer loro, alcuni metalli - come oro, rame, argento e simili, se non ricordo male - erano in via di esaurimento. In realtà continuiamo a estrarli e utilizzarli tranquillamente. Da quarantanni sento ripetere che il petrolio sta finendo e che nel giro di 10, poi 20, dopo 40 o ancora 60 anni non ce ne sarà più, ma lo si continua a pompare senza sosta. Non è che si siano sbagliati anche sul petrolio?
L«allarme» per il rapido esaurimento delle scorte non rinnovabili fu lanciato nel 1972, caro Calderari, e precisamente dal Club di Roma, babbo dellecologismo catastrofico, isterico e millenarista. In quellanno il Club pubblicò un libro - il cui titolo dice già tutto: «I limiti dello sviluppo» - accolto con entusiastico favore dalla setta dei profeti di sventura e che tuttoggi, trascorsi trentasei anni e nonostante una caterva di smentite nei fatti, rimane la Bibbia degli ambientalisti apocalittici. Nel libro si dava per certo, per scientificamente accertato, per incontestabile che - faccio solo un esempio - lultima pepita doro sarebbe stata estratta nel 1981. Poi, più niente. Niente più argento e mercurio dopo il 1985. Nemmeno un grammo di zinco dopo il 1990. E manco una goccia di petrolio dopo il 2000. Naturalmente erano tutte balle sfornate dai famigerati «modelli matematici», quelli che in mano agli Al Gore e allorda dei mille e passa «esperti» riuniti nellonusiano Ipcc, lIntergovernmental Panel on Climate Change, danno per scontato che di qui a una ventina danni il pianeta sarà tutto un bollore.
Le riserve di petrolio sono valutate a 1,2 migliaia di miliardi di barili che coprirebbero il fabbisogno per una cinquantina danni. Ma questo dato si riferisce ai giacimenti sfruttati o in attesa di essere sfruttati. Quanto ce ne sia in regioni non monitorate o in altre trascurate a priori per via dellalto costo delle trivellazioni e dellestrazione, non è dato sapere con sicurezza. Sicuramente ce nè tanto. Geologi norvegesi, per dirne una, dopo decenni di studi hanno scoperto che enormi quantità di idrocarburi e di gas naturale (parlano addirittura del 90 per cento delle riserve mondiali) giacciono in uno strato, mai preso in considerazione dalle compagnie petrolifere, dove le temperature variano tra i 60 e i 120 gradi centigradi. Di certo sappiamo solo che il petrolio costerà sempre più caro in primo luogo perché dovremo andare a cercarlo laddove è più costoso estrarlo, nel secondo perché laumento della domanda seguiterà a farne aumentare il prezzo del barile.
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