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Gabriele inguaia Bergamo con un «sms»

Quel messaggio è stato conservato e consegnato ai pm napoletani. La partita, diretta da Racalbuto, finì 2-1 per i bianconeri con due gol contestatissimi

nostro inviato a Napoli
Partite calde, telefoni bollenti e nuove rivelazioni. Quelle di Marco Gabriele sull’attività sospetta di quel «telefonino in campo» il 5 marzo 2005, che riceve almeno un sms «eccellente» mentre si gioca il posticipo Roma-Juventus. È un’altra delle partite passate attraverso la moviola giudiziaria dei pm napoletani Giuseppe Narducci e Filippo Beatrice. È l’incontro, appunto, prima del quale l’allora designatore Paolo Bergamo fa sapere a Gabriele, designato come quarto uomo, di portare con sé un cellulare acceso e «sicuro» all’Olimpico. Lo fa informare dalla ex segretaria della Figc, Maria Grazia Fazi, che spiega tutto alla moglie dell’arbitro e poi chiama ugualmente Gabriele per accertarsi che abbia ricevuto il messaggio. L’ennesima prova, per gli inquirenti, del «sistema di turbamento del regolare svolgimento delle gare» messo in piedi dalla «cupola del calcio». L’incontro, diretto da Racalbuto, finirà 2-1 per la Juve, con contestazioni per entrambi i gol bianconeri, inframmezzati dal pareggio di Cassano. Il primo, di Cannavaro, in sospetto fuori gioco. Il secondo, di Del Piero, segnato grazie a un rigore concesso per un fallo vistosamente fuori area, e trasformato dopo 4 minuti di vibranti proteste romaniste.
Agli atti dell’inchiesta napoletana, come noto, finiscono anche le chiacchiere intercettate nei giorni seguenti. C’è l’allora presidente federale Franco Carraro, che aveva raccomandato un arbitraggio equilibrato, e strepita furioso contro Bergamo: «Le dico: mi raccomando, se c’è un dubbio, per carità che il dubbio non sia a favore della Juventus. Dopodiché succede che gli dà quel rigore lì!?». E c’è Luciano Moggi che, per tenere basse le polemiche, secondo i pm, il lunedì seguente «pilota» il Processo di Biscardi per difendere l’arbitraggio di Racalbuto.
Quello che non si sapeva è cosa, sull’episodio del telefono, avesse detto agli inquirenti lo stesso Gabriele, peraltro indagato proprio per quella partita. Ebbene, il fischietto di Sora, pur negando che servisse a «mandare suggerimenti» in corso d’opera, ha ammesso che il cellulare, quella sera, venne utilizzato. E proprio dal designatore arbitrale Paolo Bergamo.
Il quarto uomo di Roma-Juve ha spiegato di aver portato il telefonino acceso allo stadio, giustificando l’irrituale accessorio con una motivazione poco ortodossa ma a suo dire «legittima», legata al derby romano sospeso l’anno prima al termine di gravi incidenti. In quell’occasione, i designatori non avevano saputo come contattare l’arbitro Rosetti per concordare una linea di comportamento.
Così, sostiene Gabriele con i magistrati, considerando la tensione che circondava la partita Roma-Juventus, Bergamo voleva semplicemente tener aperto un potenziale canale di comunicazione con Racalbuto in caso di problemi. Fatto sta che Gabriele dice di aver lasciato il telefono, acceso, negli spogliatoi. E di avervi trovato un messaggio di Bergamo durante l’intervallo.
L’ordine pubblico non c’entrava: era un sms, rivela l'ufficiale di gara, con cui il designatore «rimproverava» la terna arbitrale per gli errori che avevano determinato il risultato. «Ma siccome l’arbitro e i guardalinee erano tesi come corde di violino - ha spiegato Gabriele agli inquirenti - decisi di non riferire loro nulla su quel messaggio».
Il quarto uomo, comunque, conservò l’sms sul telefono, consegnato poi spontaneamente in procura agli inquirenti.

Incardinando, così, la «partita del telefono» nell’inchiesta.

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